Elezioni in Grecia trionfo estremista
Alla fine la realtà è stata peggiore delle previsioni. La Grecia ha votato è ha inviato un messaggio chiaro all'Europa bocciando nettamente le politiche rigoriste tanto care alla Germania di Angela Merkel. I partiti maggiori, i conservatori di Nea Dimokratia (19%) e i socialisti del Pasok (13%), sono crollati perdendo quasi 40 punti percentuali rispetto alle Politiche del 2009. Risultato storico, invece, per Syriza, la sinistra radicale guidata dal giovane ingegnere civile (38 anni) Alexis Tsipras, che si piazza secondo partito con quasi il 17% dei consensi (era data al 9% mentre tre anni fa si era fermata al 4,6%). Mentre l'estrema destra di ispirazione neonazista rappresentata dal partito Chris Avghi ha toccato il 7% che le permette di entrare in Parlamento per la prima volta in quasi 40 anni (il suo leader Nikos Michaloliakos ha commentato con un secco: «State attenti, stiamo arrivando»). E basterebbero questi due dati per capire quanto il clima antieuropeista e antitedesco abbia pesato sul voto greco. Syriza, infatti, ha nel suo programma la permanenza della Grecia nell'Unione ma senza assumersi gli oneri derivanti dai due Memorandum siglati. Mentre Chris Avghi porta avanti una politica fortemente nazionalista e contraria alle intese sottoscritte. Ora il caos è totale. Anche perché ci sono altri partiti che hanno superato lo sbarramento del 3% che dà diritto ad una rappresentanza parlamentare: i Greci indipendenti al 10,5%, i comunisti del KKE (8,5%) e Sinistra democratica (6%). Il che rende piuttosto difficile far nascere una maggioranza coesa in grado di governare. Sia il Pasok che Nea Dimokratia (Nd) non vogliono riportare il paese alle urne tra un mese e sono pronti a lavorare in ogni direzione per garantire il rispetto dei patti sottoscritti con l'Unione e, di conseguenza, la continuazione degli aiuti europei alla Grecia. Il leader del partito socialista greco Evangelo Venizelos, dopo aver sottolineato che «il Pasok ha pagato la propria gestione della crisi economica», ha commentato che il risultato uscito dalle urne non ha affidato alcun mandato chiaro a nessun partito e che quindi l'unica soluzione è quella di formare un «governo di unità nazionale». E il numero uno di Nea Dimokratia, Antonis Samaras, che prima del voto aveva respinto l'ipotesi di una «Grosse koalition», si è già detto pronto a guidare un esecutivo di salvezza nazionale e ha invitato tutti i partiti pro-euro ad unirsi per sostenere il nuovo esecutivo. In attesa dei risultati ufficiali Nd e Pasok avrebbero i numeri, risicati, per poter governare da soli. I conservatori, infatti otterrebbero 109 seggi cui si sommerebbero i 42 dei socialisti. Totale 151 sui 300 che compongono il Parlamento greco. Ma non è escluso che nella partita possa entrare anche Syriza (50 seggi) visto che sempre Samaras, pur ribadendo la necessità di restare nell'eurozona, ha auspicato modifiche al Memorandum firmato con i creditori internazionali. Ma anche Panos Kammenos, il leader dei Greci Indipendenti (32 seggi), non ha escluso la possibilità di un'alleanza con il partito di sinistra Syriza. Restano fuori dallo scacchiere i neonazisti di Chris Avghi (22), KKE (26) e Sinistra democratica (19). Insomma la situazione è in continua evoluzione anche se un dato è certo: quello espresso dai greci è stato un voto «anti-Merkozy». A vincere è stata la sfiducia nei confronti dei politici nazionali ma anche delle istituzioni europee. E forse non è un caso se secondo dati non ufficiali, la percentuale di astenuti sarebbe vicina al 40%.