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"Non c'è un problema Pdl"

Antonio Tajani

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«Il voto delle amministrative era scontato. La risposta non va cercata però all'interno dei partiti come qualcuno sta facendo. Il problema è più complesso. Siamo di fronte all'esplosione del malcontento verso una politica economica che finora ha privilegiato il rigore a scapito della crescita». Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea, ha appena terminato una riunione a Bruxelles, in Commissione, proprio sulla crescita. Ha in mano i risultati delle amministrative e le agenzie con i commenti di giornata. Il fenomeno-Grillo? Tajani lo inquadra tra quelle formazioni politiche più o meno estremiste che sono emerse nei Paesi sotto elezione. Come spiega questo successo di Grillo? «Il voto a Grillo è simile a quello dei francesi a Le Pen, a quello ai Pirati in Germania e a quello all'estrema destra in Grecia. Sono tutte forme di protesta». Protesta contro i governi tecnici? «Protesta contro una politica economica che finora ha perseguito il rigore, dimenticando la politica sociale di mercato, la crescita. Non si possono chiedere solo sacrifici. Il risanamento dei conti anche se giusto e doveroso, non è sufficiente a far uscire l'Europa dalla crisi e dalla recessione». Quindi che fare? Ribellarsi alla Merkel? «Bisogna mettere al centro l'economia reale. Il che significa sviluppare il mercato interno, far ripartire i consumi, attuare una politica industriale di modernizzazione e competitività, aiutare quei 23 milioni di piccole emedie imprese, la maggior parte italiane, che rappresentano il pilastro dell'economia europea. Sia chiaro un punto: il rigore senza crescita è un danno». Questo significa rimettere in discussione il fiscal compact? «Penso che difficilmente possa essere modificato. Quello che si può fare è dare maggiore spazio al tema della crescita. Su questo nodo la Commissione europea ha fissato tre appuntamenti mentre è stato anticipato al 23 il Consiglio europeo straordinario. Io poi sto insistendo sul nodo dei crediti alle imprese da parte della pubblica amministrazione». Ma è proprio convinto che sull'esito elettorale non abbiano influito problemi interni al Pdl? «C'è chi addirittura ha detto che Alfano dovrebbe dimettersi. Non ne vedo il motivo. Alfano è una persona seria, perbene, molto stimato in Europa. Lo ripeto: il voto è l'espressione di un malcontento generalizzato che è esploso in tutta Europa. E poi analizzando i risultati, nel Lazio è andata bene». Il fenomeno-Grillo è circoscritto alle amministrative o secondo lei può strutturarsi in un vero e proprio partito capace di dare del filo da torcere a Pdl e Pd nel 2013? «Tutto dipende dalle risposte che i partiti e il governo sapranno dare alla richiesta di misure per la crescita. Se queste risposte verranno allora Grillo sarà una parentesi della politica, sarà ridimensionato, altrimenti non sarà un fenomeno circoscritto». Per il Pdl si apre una stagione di riorganizzazione e riforma interna? Non le sembra doveroso dopo un risultato così penalizzante? «Bisogna puntare all'unione di tutte le forze moderate. L'obiettivo deve essere quello di un partito sul modello del Partito Popolare europeo». Un messaggio rivolto a Casini? «Tutti i moderati facciano una riflessione su questo tema». Una nuova legge elettorale aiuterebbe? «Sì serve un nuovo meccanismo elettorale ma più di tutto occorre ascoltare le richieste dei cittadini. Non basta dire "no" alle proteste, non serve a nulla demonizzare queste forme di malcontento, bisogna elaborare una strategia». In Grecia hanno vinto le formazioni contrarie all'euro. «Rinunciare all'euro non farebbe altro che peggiorare la situazione».

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