Berlusconi e Alfano divisi
Una disfatta. Che il risultato non sarebbe stato soddisfacente era nelle previsioni ma di certo nessuno nel Pdl si aspettava un crollo di queste dimensioni. E con Berlusconi in Russia da Putin, spetta ad Alfano aprire l'ombrello sul diluvio di polemiche e trovare le parole adatte per spiegare la sconfitta. Salvo poi, in serata essere smentito proprio dal Cav. Mentre è ancora in corso lo spoglio ma con le proiezioni che danno il Pdl al 23%, il segretario convoca in fretta una conferenza stampa. «Abbiamo perso» esordisce ma respinge «un'analisi catastrofista». E poi: «ci sono difficoltà, sì ma paghiamo il prezzo del sostegno a Monti nella consapevolezza che lo facciamo per il bene dell'Italia». Se i dati del voto amministrativo saranno confermati, il Pdl dimostra di essere «radicato sul territorio» e, rilancia il segretario, «su queste basi si può ricominciare». Ma in serata Berlusconi da Mosca corregge il tiro e sconfessa il segretario. «Non sono dell'avviso di Alfano. I risultati sono al di sopra delle mie aspettative. Ora che c'è il festival dell'antipolitica pensavo ci fosse un'affluenza più bassa e più penalizzante per noi». Berlusconi ribadisce di non conoscere bene i dati ma si dice sicuro che «siamo andati come pensavamo. Abbiamo avuto quattro-cinque città al primo turno come il Pd, così mi hanno detto e siamo in ballottaggio in altri tredici comuni». Quanto alla Lega, Berlusconi ha detto di essere a conoscenza solo dell'affermazione di Tosi ma di non poter commentare non avendo ancora i dati globali sul Carroccio. Poi rilancia la necessità di una «grande confederazione di tutti i moderati di quelli che non si riconoscono nella sinistra». Anche la Lega? «Tutti quelli che non si riconoscono nella sinistra» è la risposta. E suona la carica: il Pdl è ancora la più grande forza dei moderati e se tutti i modferati restano uniti possono vincere alle prossime elezioni. Il Cav esclude che l'esito delle comunali possa influire sulla tenuta del governo Monti. Il bilancio di Alfano invece è negativo: «Abbiamo sempre considerato queste amministrative come una prova di resistenza, non come un'occasione di vittoria e rilancio». A chi gli prospetta le dimissioni risponde secco: «nessuno me le ha chieste». Mette in chiaro che l'esito del voto non cambia i rapporti con il governo tecnico; il che significa che il Pdl «non toglierà l'appoggio a Monti». Ma pone dei paletti a cominciare dalla disdetta dei vertici con i segretari dei partiti di maggioranza «perché non portano a nulla. Basta con formule ampie». Poi Alfano raffredda le speranze su una nuova legge elettorale, giacchè «c'è un accordo su due principi, ma non c'è nessun accordo sul testo». Infine ribadisce che passato l'appuntamento con le amministrative «ci sarà un'importante novità che riguarderà il partito». Il primo ad ammettere la sconfitta era stato Ignazio La Russa che spiegava: «Abbiamo sbagliato i candidati. C'è la mania di cercarli con la faccia carina senza sapere da quale esperienza amministrativa vengano mentre la gente vuol persone affidabili». Quagliariello sostiene che «staccando la spina a Monti si avrebbe un vantaggio immediato, ma è facile immaginare cosa potrebbe accadere dopo sui mercati».