Sette milioni al voto. E i partiti sperano
La parola d'ordine è stata, a lungo, «depotenziare». Le Amministrative? «Valore politico zero», hanno ripetuto in tanti (l'ultimo, in ordine di tempo, è stato Pier Ferdinando Casini). Adesso, però, ci siamo. Tra oggi e domani si recheranno alle urne per eleggere i propri rappresentanti comunali ben 7,2 milioni di italiani. Qualsiasi sarà il risultato, non si potrà far finta di nulla: queste amministrative sono una sorta di elezione di mid-term dell'era montiana. I partiti lo sanno, e tremano. Tutti. Alcune sfide spaventano più di altre. Quella di Verona, ad esempio, dove è la Lega a giocarsi il futuro. Flavio Tosi, l'uomo che ha nelle mani la possibilità di risolvere una volta per tutte (forse) l'ormai eterno conflitto interno tra "bossiani" e "maroniani", rischia tutto. Strenuo sostenitore di Roberto Maroni, il sindaco in pectore è riuscito a superare le colonne d'Ercole del diktat su una lista personale e ha invocato più volte una svolta alla segreteria del partito. Adesso sarà la base a stabilire se merita la fiducia del popolo padano. Al Nord, si gioca poi un'altra battaglia. Quella tra Pdl e Lega, alla prima dopo il "divorzio". Occhi puntati in Lombardia su Monza e Como: i risultati indicheranno se il Carroccio può continuare a correre da solo o dovrà fare marcia indietro e rinnovare l'alleanza con il Pdl. La partita più aperta - tanto delicata da richiedere la presenza di Berlusconi e Bossi, nemici, nei due giorni precedenti la chiusura della campagna elettorale - è quella per il capoluogo della Brianza dove il sindaco uscente, il leghista Marco Mariani, rischia di non arrivare neanche al ballottaggio. Se la Lega rischia parecchio (i Lumbard non hanno certo dimenticato il tornado Belsito), il Pdl non può certo stare tranquillo. Il partito è al primo esame del dopo Cav: l'ex premier questa volta, fatta eccezione per Monza, non ha voluto metterci la faccia. Angelino Alfano ha fatto diligentemente il giro delle amministrazioni in cerca di voti, per limitare i danni. A Palermo, ad esempio, il segretario del Pdl è corso ai ripari alleandosi con l'Udc a sostegno di Massimo Costa e spaccando, di fatto, il Terzo polo. L'alleanza con i centristi, però, potrebbe non bastare. Nel capoluogo siciliano si consuma, infatti, una delle battaglie più cruente. Soprattutto a sinistra. Dopo le primarie viziate da brogli ed errori, infatti, l'Idv ha rotto gli indugi e si è presentato l'ex sindaco del capoluogo siciliano, Leoluca Orlando. Il tentativo di Di Pietro è quello di ripetere l'exploit della vittoriosa corsa solitaria di Luigi De Magistris lo scorso anno a Napoli. Il Pd gioca la carta Ferrandelli, insieme a Sel, e spera. Palermo a parte, stando ai sondaggi, il partito di Pier Luigi Bersani è quello messo meglio. Le amministrative rischiano, infatti, di diventare il bis di quelle del 2011 e lanciare la volata del leader Pd per le politiche del prossimo anno. Questa volta, però, a mettere "in pericolo" il segretario è il partito dei "montiani" che, dentro e fuori il Pd, lavora per far proseguire l'esperienza della "strana maggioranza" ben oltre le elezioni del prossimo anno, ovviamente con un premier che non potrebbe essere il leader Pd. A tifare per lui è, invece, Nichi Vendola. Il segretario di Sel va al voto per ristampare la foto di Vasto. L'asse con Pd e Idv è quello portante nella gran parte delle allenze. A Genova e Rieti, poi, Nichi si gioca due fiches importanti: se nel capoluogo ligure Marco Doria è, infatti, il Pisapia di turno, cioè un candidato indipendente che Sel ha sostenuto con successo alle primarie contro l'apparato del Pd, nel Lazio Simone Petrangeli è l'equivalente di Massimo Zedda, attuale sindaco di Cagliari: un candidato marchiato Sel che dopo il successo delle primarie mira ad espugnare una storica roccaforte del centrodestra.