Il nome dell'assassino è nelle carte processuali

L'assassinodi via Poma resta senza nome. «Ma la verità può ancora venire fuori: bisogna guardare alle evidenze forensi che esistono nel fascicolo processuale, ovvero le tracce e i reperti» del delitto di via Poma. Parola di criminologo. Carmelo Lavorino, autore de «Il delitto di via Poma. Sulle tracce dell'assassino», ne è convinto. «È fondamentale - spiega - verificare gli alibi di alcune persone che portevano entrare a contatto con Simonetta e avevano moventi di tipo sessuale per infliggerle 29 pugnalate con un tagliacarte in diverse zone del corpo». Ma «deve essere passata in rassegna anche la versione di chi aveva le conoscenze e le capacità di potersi introdurre con le proprie chiavi all'interno dell'ufficio dove lavorava Simonetta. La soluzione del mistero - rimarca l'esperto - è nelle carte processuali, nei reperti, nelle cronologie dei compartamenti dei vari personaggi e nelle indicazioni contenute in alcuni saggi». Per Lavorino, «l'assassino è un soggetto territoriale: conosceva l'ufficio dove lavorava la vittima. Sapeva che il tagliacarte apparteneva a un impiegato, tanto che dopo il delitto lo ha lavato dal sangue e dalle sue impronte e lo ha rimesso al proprio posto».