Pier Luigi Bersani difende il Capo dello Stato Giorgio Napolitano da Beppe Grillo.
Unpo' perché gli attacchi lanciati dal comico genovese mercoledì erano prossimi all'insulto («L'immagine cadente di Fini, Monti, Napolitano e Schifani rappresenta l'Italia. I vecchi occhi dei partigiani guarderebbero smarriti un deserto. Forse si metterebbero a piangere. Forse riprenderebbero in mano la mitraglia»). Un po' perché il leader del Pd non può che difendere quello che, prima di essere un'istituzione, è un esponente del suo partito. Notizia diventa se Bersani difende Napolitano da Grillo, ma non da Antonio Di Pietro che, intervistato dal Fatto Quotidiano, accusa il Capo dello Stato di essere «contro le persone disperate e che protestano». «Avrebbe dovuto parlare prima - aggiunge -, non fare come Ponzio Pilato». E ancora: «Penso che il suo attacco alimenti il disegno di far disertare le urne e avere solo un voto costretto, ricattato, imposto per fa eleggere questi politici». I toni sono sicuramente diversi ma è presumibile pensare che, in altri tempi, l'ex pm sarebbe stato costretto a difendersi dai Democratici indignati per il poco rispetto mostrato nei confronti del presidente della Repubblica. Stavolta no. Bersani e i suoi si lanciano convinti contro Grillo e non è certo un caso. Il Movimento 5 Stelle ha già dimostrato di essere un'alternativa valida per gli elettori delusi del Pd. Molto più di Tonino. Un competitor pericoloso, soprattutto in un momento in cui i partiti non sanno come fronteggiare l'ondata di antipolitica che rischia di spazzarli via. Per questo occorre ribattere colpo su colpo, senza tregua. A confermare questa analisi due elementi. Bersani replica a Grillo durante un appuntamento elettorale a Como, segno che è quello il terreno dello scontro. «Ieri Napolitano ha detto cose puntuali e serissime - esordisce -. Grillo ha risposto con insulti, non si permetta. Non si arrischi a dire cosa direbbero se tornassero i partigiani. Loro saprebbero che cosa dire dell'Uomo Qualunque. I partigiani ci hanno dato una democrazia, una Costituzione che comprende l'articolo 49, che comprende i partiti, che devono ripulirsi e riformarsi ma che sono un'ossatura della democrazia. Ho già detto: dimezziamo i finanziamenti, una condizione di pulizia e attenzione». «Attenzione - conclude - non cederemo al qualunquismo: non per noi, ma perché l'Italia non può crearsi un futuro cercando scorciatoie. Ringrazio il presidente della Repubblica e Grillo ci spieghi perché non è candidabile, mentre Napolitano lo sarebbe anche domani mattina. Ci spieghi perché, prima di sparare insulti». Un riferimento malizioso al fatto che il comico è stato condannato per omicidio colposo plurimo a un anno e tre mesi. Che fa capire quanto elettorale sia la polemica tra Bersani e il suo avversario. Ulteriore conferma arriva dalla "denuncia" di Vinicio Peluffo, deputato Pd e membro della Vigilanza. In una nota il parlamentare mette in evidenza come, a meno di 10 giorni dalle elezioni amministrative, i tg del 25 aprile abbiano dedicato «poco spazio ai partiti, molto a Grillo in pesante polemica con Napolitano che schiaccia gli altri soggetti politici, poco a Vendola e Berlusconi, mentre non c'è nessun approfondimento in merito alle dichiarazioni di Bersani sul dimezzamento del finanziamento della politica». Peccato che, il giorno prima, il suo collega Andrea Sarubbi denunciasse la presenza eccessiva del Cavaliere. Insomma Beppe e Silvio pari sono e secondo il Pd una sovresposizione mediatica potrebbe favorirli. In ogni caso Grillo non sembra affatto preoccupato degli attacchi subiti. «Adesso ci si mette anche questo presidente dei partiti - ripete rivolto a Napolitano -, ma qui è in gioco la Costituzione: noi non siamo l'antipolitica, abbiamo già 130 consiglieri eletti, lui deve stare super partes».