A vent'anni da Mani Pulite siamo da capo

di Mario Sechi L’Italia è l’unico Paese occidentale dove da vent’anni - da quando Chiesa fu beccato a buttare mazzette nel cesso - le inchieste sui corrotti non hanno fine. La corruzione è un male endemico di ogni sistema politico, democratico o no, ma il problema italiano è senza eguali. In Germania abbiamo visto l’inchiesta delle tangenti Siemens, in Francia il caso dei fondi neri di Chirac e dei finanziamenti illegali che hanno sfiorato Sarkozy, negli Usa le inchieste federali sui casi di maladministration non si contano, ma lo Stivale continua a dare in questo campo pedate potentissime. La ragione è molto semplice: la corruzione non è solo dove c’è molta ciccia da rubare, ma anche a un livello bassissimo. Esempi pratici, sui quali abbiamo lavorato in prima persona: vigili e mazzette, pizzardoni che incassavano in combutta con tecnici di «varia disumanità», soldi da imprenditori ansiosi di velocizzare una pratica-lumaca. L’abbiamo raccontata prima di tutti, prendendoci anche dei rischi. Alla fine li hanno arrestati. L’esperienza vissuta è sempre istruttiva. Non importa se parli di Finmeccanica o di altri colossi, il punto fondamentale è sempre uno solo: la tentazione fa l’uomo ladro. Una delle ragioni per cui in Italia non arrivano investimenti esteri è la corruzione. Ricordo un mio dibattito infuocato con un altissimo diplomatico americano. Mi portò due esempi clamorosi: il primo era il mancato acquisto di Telecom da parte di At&T ai tempi del governo Prodi. La cosa andò in fumo per le ingerenze della politica e alla fine per le remore degli americani a mettere i soldi in un Paese che non ha regole certe e foraggia i partiti attraverso finanziamenti diretti legali e indiretti illegali. Il secondo fu un pugno allo stomaco: l’amico yankee mi disse chiaramente che nessun imprenditore a stelle e strisce avrebbe messo soldi in un posto dove non c’è certezza del diritto e dove il sistema viene «oliato» a dovere per funzionare. Osservazione diretta anche alla magistratura, che fa della legge una materia magmatica, incerta, un’arma a doppio taglio che invece di garantire finisce per distruggere. Dunque ora è il turno di Finmeccanica. Sarò schietto: sulla pelle di questa azienda si stanno giocando partite di potere che nulla hanno a che fare con l’interesse strategico dell’Italia. Finmeccanica è un gioiello della difesa, della ricerca scientifica e militare, fa gola a un bel po’ di potenze straniere che vogliono papparsi l’Italia. La legge è uguale per tutti, ma Finmeccanica non può essere trattata come una fabbrichetta di Pizzighettone. Gli altri Stati difendono i propri campioni nazionali, dobbiamo fare altrettanto. La legge deve fare il suo corso, ma senza diventare una sindrome da Tafazzi. Non conosco la verità, ma ho una certezza: vent’anni dopo Tangentopoli siamo punto e a capo.