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A Palazzo Madama va in scena una seduta spiritica

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Diquelle naturalmente immaginifiche, irreali, che uno sprovveduto pensa possano svolgersi per gioco, per finta, per prova, come volete, finendo sui teleschermi in diretta, tra le risate di milioni di telespettatori, a causa di qualche inconveniente: un pulsante, per esempio, spinto nella cabina di regia per errore, o perfidamente apposta. Confesso che in quasi cinquant'anni, ormai, di giornalismo parlamentare non mi era mai capitato di assistere a qualcosa del genere. Più che una bomboniera, come viene spesso descritta, l'aula di Palazzo Madama sembrava diventata un cabaret. O la sede improvvisata di un'affollata seduta spiritica, nella quale al posto del morto invocato c'era, seduta al suo posto di presidente di turno, una vitalissima signora, con i suoi lunghi capelli pettinati a dovere, con le mani e le braccia questa volta ben trattenute al loro posto, diversamente dalla seduta incresciosa del 21 dicembre 2010. Quando proprio lei, Rosi Mauro, si sbracciò scompostamente aprendo e chiudendo, una dopo l'altra, ben sette votazioni irregolari sulla riforma universitaria. Che il presidente Renato Schifani fu poi costretto a far ripetere per salvare la legge da irrimediabili contestazioni. La vice presidente sapeva di essere chiamata ieri ad una prova difficile. Ed ha cercato questa volta di fare del suo meglio, senza cadere nelle provocazioni, verbali e cartellonistiche, di chi dai banchi del Pd e del gruppo dell'Italia dipietrista dei Valori ne reclamava le dimissioni per intero, e non solo dalla "delega vicaria", sostituendosi rumorosamente ai senatori della Lega. Che, presenti quasi tutti in aula, pur essendo forse quelli politicamente più titolati all'agitazione, visto l'impegno profuso per primo dal loro partito su quella strada, sino ad espellere la collega dal partito per il rifiuto di dimettersi, ieri se ne sono stati buoni sui loro banchi a seguire l'ormai inutile discussione sull'argomento e a prendere atto realisticamente della situazione. Sembravano non dico italiani perché c'è il rischio di offenderli, vista la concezione diversa che essi hanno notoriamente della Nazione che noi chiamiamo orgogliosamente Italia. Non dico neppure padani, visto il modo per niente elegante in cui spesso riempiono le piazze. No, sembravano inglesi. Quel Federico Bricolo, capogruppo appunto del Carroccio, ha parlato a Palazzo Madama come neppure il premier David Cameron forse riesce a Westminster. Si è innervosito solo quando ha contestato il precedente intervento antileghista di Francesco Rutelli. Al quale ha voluto ricordare i partiti per i quali egli è transitato tra prima e seconda Repubblica. Mani e braccia finalmente ferme, Rosi Mauro non è riuscita tuttavia a domare la testa dalla sua alta postazione. L'ha fatta oscillare, orizzontalmente per dissenso e verticalmente per consenso, quando i vari senatori ne reclamavano il ritiro completo o la incoraggiavano alla resistenza, visto che allo stato delle cose non risulta neppure indagata nelle vicende giudiziarie in corso per la gestione dei cosiddetti rimborsi elettorali del suo ex partito, investiti anche in lingotti d'oro e diamanti. Non tutto comunque viene per nuocere. Per quanto criticato in punto di diritto e di regolamento parlamentare dall'ex presidente del Senato Marcello Pera, è apprezzabile il fatto che la vice presidente abbia accettato che si discutesse di lei in aula. O che il presidente Schifani abbia permesso che ciò accadesse, lasciandole la presidenza in una seduta che sapeva destinata ad uno sviluppo simile, anziché assumerla lui direttamente per comunicare la rinuncia della sua vice soltanto alla delega "vicaria", come se una donna si potesse considerare incinta ma solo un po'. Alla Camera il ben più tetragono presidente Fini nel 2010 non permise neppure che si parlasse in aula del problema delle sue dimissioni quando esso fu sollevato per la rottura intervenuta con il partito e il leader che lo avevano designato a quel posto all'inizio della legislatura.

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