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Al capolinea l'asse tra Angela e Mario

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Angela Merkel e Mario Monti al Consiglio europeo di Bruxelles

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«Dicono tutti che sono un tedesco». Il refrain fino a qualche giorno fa così caro al premier Monti tanto da ripeterlo a ogni incontro internazionale, potrebbe ora andargli di traverso. Il Professore ora se la deve vedere con il cambio di passo della Francia. Qualsiasi sarà il risultato del ballottaggio, è evidente che qualcosa cambierà nella politica francese. E di conseguenza Monti si troverà di fronte a un bivio. Il premier ha basato tutta la sua politica in chiave Berlinocentrica. La linea rigorista della Merkel è stata la stella polare del governo Monti al punto da porre come prioritario il rispetto dei vincoli ragionieristici di bilancio anche a costo di deprimere la crescita. Monti si troverà di fronte a un bivio: mantenere la barra del rigore assecondando i diktat della Merkel o sganciarsi da questa linea e avviare una politica di maggiore attenzione alla crescita con un dialogo con Parigi. Ma Monti si trova stretto anche nel ruolo che la comunità finanziaria di Wall Street gli ha affidato: ovvero come uno dei pilastri dell'Europa. Il risultato elettorale ottenuto da Hollande è il segnale dell'insofferenza dei francesi verso la politica rigorista imposta dalla Germania a tutta l'Eurozona. La vittoria di Hollande potrebbe segnare quindi un profondo cambiamento nella politica economica francese e nel rapporto di Parigi con la Germania della Merkel e con l'Europa. Monti ha più volte elogiato l'azione svolta dal Cancelliere tedesco. «Abbiamo fatto i compiti a casa e Berlino è soddisfatta» ha detto anche dopo la visita della Merkel a Roma e questa lo ha ricambiato con lo stesso entusiasmo. «L'Italia è sulla giusta strada ma deve andare avanti». E ora? Il voto allo sfidante di Sarkozy ha un significato marcatamente polemico verso una concezione dell'Europa come camicia di forza che comprime la crescita in nome del rispetto dei vincoli di bilancio. L'asse costruito faticosamente con il Cancelliere Merkel e rivendicato con orgoglio dall'Eliseo è stato vissuto negli ultimi mesi come un giogo pesante anzichè un'opportunità. Le stragi di Montauban e Tolosa, compiute dal terrorista Mohammed Merah, avevano rilanciato il tema sicurezza e quindi Sarkozy. Ma poi la crisi economica e la disoccupazione in aumento hanno cambiato le priorità nella maggioranza dell'opinione pubblica francese. La crisi economica e occupazionale non è mai stata così grave da 12 anni. Nel 2011 il pil in Francia è cresciuto solo dello 0,2% e la disoccupazione è ormai vicina al 10% ( dati ufficiali del Governo dicono 9,8%). Nel mese di febbraio 2012 i disoccupati in cerca di lavoro hanno superato abbondantemente i 2 milioni. Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale sulla possibile crescita del debito pubblico francese fanno presagire nuove e più pesanti misure di austerità. È in questo contesto che il candidato socialista Hollande contesta la politica di Sarkozy perchè subalterna alla Germania della Cancelliera Merkel. Anzi Francois Hollande contesta addirittura il Fiscal Compact, sancito dai Governi europei, e promette di rimettere in discusione questo indirizzo europeo conservatore che impedisce investimenti per la crescita e l'occupazione. A lui guarda con evidente interesse la SPD tedesca che, se Hollande vincesse in Francia, si prepara alle elezioni politiche del 2013 in Germania a battere la Merkel e la sua politica economica. Se l'elettorato continuerà a pensare che il problema numero uno della Francia è la crisi economica e la creazione di posti di lavoro, non la sicurezza, al secondo turno Hollande ce la potrebbe fare. Questo potrebbe voler dire che la Francia si prepara, prima in Europa, a voltare pagina e a mettere in crisi il modello tedesco considerato finora indiscutibile. Il candidato socialista nel suo programma propone una «rinegoziazione» del trattato sottoscritto il 30 marzo scorso, e il suo completamento con un «patto di responsabilità», di governance e di crescita. Un piano che prevede anche la volontà di riorientare il ruolo della Banca centrale europea verso un maggiore impegno nel sostegno alla crescita. Le dichiarazioni di Hollande lasciano presagire che il Fiscal compact, sarà abbandonato velocemente. Con buona pace dei sogni di una maggiore integrazione fiscale e di un concreto salvataggio dell'euro. Parla chiaro anche il risultato della candidata di estrema destra Marine Le Pen che ha nel suo programma il ritorno al franco francese e l'autonomia nelle decisioni di politica economica, fiscale e monetaria. Ma bisognerà vedere anche come reagiranno i mercati di fronte a questo voto. La prima verifica sarà proprio oggi.

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