Niente Keynes e molte tasse? Solo recessione

Non ci sono alternative al governo Monti. Le elezioni anticipate senza la riforma elettorale sarebbero un disastro politico, metterebbero il Paese senza scudo di fronte agli speculatori, favorendo il Partito democratico che - come il centrodestra - non ha ancora un programma per governare l’Italia. Ma l’assenza di un’alternativa non significa che tutto quello che fa il governo va bene e che non vi siano cose che si possono correggere. Il clima si sta surriscaldando, la pioggia fiscale non aiuta e la demagogia dei partiti soffia sul fuoco. Ieri le uova alla Fornero e domani non si sa cos’altro. La finanza va tenuta in considerazione, ma i popoli in rivolta sono nitroglicerina. E noi non siamo la Grecia, possiamo uscirne bene e senza distruggere la nostra ricchezza. Quando il premier dice che «segni di crescita non se ne possono dare tanti nell’immediato in termini di soldi dello Stato, perchè rimetterebbe in discussione i progressi fatti in questi mesi», certifica tre cose: 1. teme ancora l’assalto degli speculatori sul debito pubblico; 2. non possiamo affidarci alla ricetta usata da Keynes per far uscire gli Stati Uniti dalla crisi del 1929, ma questo avviene in un’Italia in cui il settore pubblico pesa sul 50 per cento del Pil; 3. la strategia del governo è e resta difensiva, mentre quote enormi di ricchezza mondiale si trasferiscono da Occidente a Oriente e l’Europa annaspa. In queste condizioni, la formula del «rigore prima di tutto» è la corda alla quale ci stiamo impiccando. Se si esclude la leva della spesa pubblica (e dei tagli al socialismo di Stato), allora bisogna lavorare sull’alleggerimento della pressione fiscale. Ma il governo l’ha alzata al massimo storico. Il Fisco prende tutto. Lo Stato restituisce poco. Siamo fermi al tassa e spendi. E l’aereo tricolore va in stallo. La manutenzione non basta, la riduzione della spesa pensionistica è solo un pezzo del puzzle. Economia reale (produzione e occupazione) e finanza pubblica (debito e gettito fiscale) si intrecciano in maniera perversa e i risultati rischiano di essere letali. Manca un anno al voto. Monti fa in tempo a correggere la rotta, ma gli scogli sono vicini.