Di correnti, "frondisti" e "malpancisti", Gaetano Quagliariello non intende neanche sentir parlare.

SenatoreQuagliariello, i partiti sono in crisi e voi dedicate un intero pomeriggio a discutere di Pdl e valori non negoziabili... «È stato un bel pomeriggio. Vede, in questo momento, tutti i partiti, anche il Pdl, sono in difficoltà. Hanno perso le ideologie e la forza del carisma. In più, data la crisi economica attuale, hanno perso anche la possibilità di guadagnare consenso utilizzando la spesa pubblica: se prima distribuivano risorse, adesso sono costretti a toglierle. Se vogliono continuare a esistere devono riguadagnare un profilo ideale». Da cosa partire? «Bisogna parlare al cuore, altro che alla mente. Vita, famiglia, libertà di educazione non sono solo parole d'ordine, ma valori in grado di ispirare il programma di un partito non confessionale, ma di ispirazione cristiana. Fatto sia da credenti che da non credenti». Ripartire dai valori. Anche le riforme, però, sono necessarie per far sì che i partiti riacquistino credibilità... «Le riforme non parlano al cuore. Farle, però, è nostro dovere. La politica ha disperso sovranità devolvendone parte all'Europa. L'unione europea, però, non è stata in grado di creare né uno Stato, né una forma di cittadinanza, né delle istituzioni in grado di difendere la moneta unica. Mettere mano alla macchina istituzionale non è la soluzione, ma il presupposto per ricostruire l'identità dei partiti». C'è chi vuole andare «oltre» gli attuali partiti... «Oltre il Pdl» vogliono andare Berlusconi, Alfano, Cicchitto, Quagliariello. E anche Pisanu. L'importante è come. Tutti vogliamo costruire l'unità dei moderati italiani. Il problema è che per farlo non siamo disposti a dimenticare la storia del Pdl e a cancellare il berlusconismo». Pisanu e gli altri firmatari vogliono questo? «Il documento non afferma questo. Anch'io se non fossi stato capogruppo lo avrei firmato e credo all'assoluta buona fede di chi lo ha fatto. La strumentalizzazione che ne è stata fatta dipende dai tempi. È sembrata una sponda al partito della Nazione di Casini». Non c'è - come pure è stato detto - una regia ombra di Quagliariello dietro il documento, quindi? «Questa cosa mi fa ridere. Appartiene a quella vecchia concezione della politica come risiko. Uno dirige un gruppo, ha una ampia maggioranza, e lavora per costruire una fronda interna: sarebbe un cretino! Ho tanto difetti, ma non questo». Quindi tutta la storia di Alfano "infuriato"... «Il particolare è ancora più divertente: mentre le agenzie, ovviamente informate da untori interni che alimentano la cultura del sospetto invece dell'ideale liberale del libero confronto, raccontavano dell'arrabbiatura di Alfano nei miei confronti, io trascorrevo in sua compagnia una serata piacevole e conviviale». A stuzzicare il Pdl, però, ci pensano i centristi. "L'udc si scioglie, il Pdl che fa?", dicono... «Noi non abbiamo alcuna remora. Se è l'unità dei moderati che vogliono, lavoriamo alla stessa cosa. Se, però, la condizione è costruirla sulle macerie del Pdl o, anche, sull'oblio di quella che è stata la nostra storia sin dal '94, bè noi non ci stiamo. A maggior ragione che per lunghi tratti è stata anche la storia dell'Udc». Rinnovamento e identità. Alfano ha annunciato che dopo le Amministrative, con Berlusconi, presenterà la più grossa novità della politica italiana. Come dire, per cambiare non si può prescindere dal Cav? «Non si può prescindere dalla storia comune degli ultimi venti anni. Anni che Berlusconi ha rappresentato. Se dobbiamo costruire qualcosa di più ampio, ci saranno altre storie e altre identità con cui confrontarsi, ma non si può rinnegare quello che è stato il più grande principio di rinnovamento della politica italiana».