Resa dei conti nel Carroccio
Una lotta fratricida, senza esclusione di colpi. Dopo anni passati a proclamare la secessione la Lega riesce finalmente nel proprio intento. Ma a dividersi non è la Padania, bensì il partito stesso. Una secessione della Lega nella Lega. Ormai è chiaro che nel Carroccio è iniziato un vero e proprio conto alla rovescia verso l'autodistruzione. E l'unica domanda da farsi è: chi sopravviverà? Gli schieramenti in campo sono noti. Da un lato il cosiddetto «cerchio magico», coloro che in questi anni hanno costruito attorno ad Umberto Bossi un fortino invalicabile isolandolo dal resto del partito. Dall'altro i «barbari sognanti» di Roberto Maroni. Il nemico pubblico numero uno. L'ultimo round si è giocato in questi giorni. Mercoledì l'anticipazione di Panorama con il dossier anti-Maroni commissionato dall'ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito. Un dossier di cui Bossi sarebbe stato a conoscenza. Proprio per questo ieri, a via Bellerio, era atteso un incontro chiarificatore. Niente di fatto. I due forse di vedranno oggi, ma non è certo. Ma la cosa non ha comunque impedito al Senatùr, ad Alessandria per la sua prima uscita pubblica dopo la serata dell'orgoglio padano di Bergamo, di spiegare pubblicamente che lui era all'oscuro di tutto: «Non so niente. Se lo chiedevano a me facevano prima perché io sapevo che Maroni ha la barca. Sapevo anche dove l'aveva, l'aveva sistemata in Sicilia». E a chi gli domandava se potessero esserci altri dossier ha risposto: «Non penso, spero di no. Spero che il cinematografo finisca presto, è solo un film». Sarà, ma per ora l'unica cosa certa è che per la Lega si tratta di un film dell'orrore. Ieri alla Camera il maroniano di ferro Gianluca Pini è andato all'attacco del suo ex capogruppo il "cerchista" Marco Reguzzoni: «Ha speso in un anno 90mila euro con la carta di credito del gruppo. Qualcuno mi deve giustificare come cavolo sono stati spesi». Accuse durissime. Il primo ad intervenire è stato l'attuale capogruppo Gianpaolo Dozzo. «Ma che cazzo hai fatto?» ha detto affrontando Pini a muso duro in Transatlantico. Prendendolo poi da parte per un "chiarimento" faccia a faccia in cortile. Anche la triumvira Manuela Dal Lago, davanti ai cronisti, si è lasciata sfuggire un «è una testa di cazzo...», mentre Reguzzoni ha deciso di difendersi in prima persona: «La gestione dei soldi del gruppo alla Camera è stata sempre virtuosa sotto ogni punto di vista. Mi spiace che Pini per soddisfare un suo rancore personale voglia sollevare il mio nome che non è mai stato coinvolto in nulla di quello che sta accadendo in questi giorni». E per provarlo ha mostrato il saldo del giorno delle sue dimissioni: poco più di due milioni di euro. Di certo, anche se l'incidente appare formalmente chiuso, la situazione all'interno del partito resta esplosiva. Maroni che ha preferito non rilasciare dichiarazioni pubbliche ha postato sul proprio profilo Facebook la foto di Panorama che mostra la somigliata tra Belsito e Al Capone. «Consiglio la lettura di Panorama - ha scritto - non solo per le puttanate che Belsito dice su di me (e ne pagherà le conseguenze, tanto lui i diamanti ce li ha...), ma anche per questa deliziosa vignetta che il settimanale ci regala. Padania libera da ladroni e dossieristi! Viva la grande Lega!!!» A questo punto c'è solo da capire in cosa consista la «grande Lega». È chiaro che per Maroni il primo passo è l'eliminazione del «cerchio magico». E Bossi? Ieri sera ad Alessandria il Senatùr ha difeso a modo suo il partito: «Si possono benissimo buttare i soldi dalla finestra, non è comunque un reato. I soldi sono quelli delle tessere dei militanti e dei soldi della Lega, la Lega può fare quello che vuole». Poi ha criticato le sue segretarie per avergli taciuto che i figli si facevano pagare le macchine: «Era l'unico modo per fermare una roba del genere». Insomma il Senatùr ha fatto capire chiaramente che lui si difenderà e, anche se spiega che ancora non sa se si ricandiderà, di certo non lascerà senza lottare.