Ora i pm cercano i diamanti leghisti
Diamanti e lingotti d'oro, come in ogni caccia al tesoro che si rispetti. La saga leghista continua, arricchita dalle avventure di un tesoriere che - man mano che le indagini vanno avanti - si dimostra sempre più fantasioso. «Diversificare gli investimenti. L'euro sta morendo», dicono gli esperti. Bè, Francesco Belsito non ci ha pensato due volte. Così, dopo "forzieri" spediti in Tanzania, lauree fantasma, spese mediche e multe per alta velocità pagate con i fondi del partito, adesso spuntano fuori anche metalli e pietre preziose. Diamanti e lingotti d'oro per un valore di circa 600 mila euro che, stando alle indagini, sarebbero stati acquistati con i soldi della Lega Nord e poi spartiti tra l'allora tesoriere, il vicepresidente del Senato, Rosi Mauro e il senatore Piergiorgio Stiffoni, all'epoca uno dei componenti del comitato amministrativo del Carroccio. Preziosi spariti poi chissà dove e al momento introvabili per gli investigatori che indagano sulle distrazioni dalle casse del partito di parte dei fondi che sarebbero stati utilizzati per le spese personali di Umberto Bossi, dei suoi familiari e della stessa senatrice e fondatrice del Sindacato Padano. Un fascicolo d'inchiesta, nel quale sono confluiti ieri anche i bilanci del Carroccio degli ultimi 4 anni, oltre a documenti relativi alle spese del partito. Tutte carte messe a disposizione dei finanzieri, che si sono presentati in via Bellerio, dal nuovo tesoriere della Lega, Stefano Stefani, in base a un «accordo» con i pm. L'analisi di documenti bancari, acquisiti in Banca Aletti e alla Banca Popolare di Novara, ha permesso di accertare che «mancano all'appello» 400 mila euro in diamanti e 200 mila euro in oro: tutti preziosi che sarebbero stati comprati nel dicembre scorso con il denaro del partito, anche se nel caso dei diamanti sarebbe stato utilizzato un conto personale di Belsito (conto che però per effettuare la compravendita sarebbe stato "foraggiato" con bonifici partiti dai fondi del Carroccio). Dalle carte rintracciate dagli investigatori poi risulterebbe che i diamanti sarebbero stati consegnati in parti uguali a Rosi Mauro, Stiffoni e Belsito. Mentre a quest'ultimo soltanto sarebbero andati i lingotti d'oro (5 chili). «Smentisco categoricamente il presunto acquisto di diamanti e oro con i soldi della Lega e mi vedo costretta ad adire le vie legali per tutelare la mia rispettabilità, onestà e onorabilità», si difende la vicepresidente del Senato, mentre il collega Stiffoni chiarisce: «È un'accusa che mi fa ridere. Mi sono stancato: credo che seguirò il consiglio del mio avvocato e andrò dai magistrati a spiegare tutto». Gli inquirenti stanno cercando di capire se si sia trattato o meno di investimenti effettuati per conto della Lega. Su questo punto, però, pare che lo statuto del Carroccio escluda la possibilità di portare avanti questo genere di operazioni. Nel frattempo sono scesi in campo anche i magistrati contabili: il capo della Procura della Corte dei Conti lombarda, Antonio Caruso, ha incontrato l'aggiunto Robledo per un possibile scambio di documenti necessari per valutare se ci sia stato o meno un danno erariale: il partito avrebbe infatti ottenuto dalla Stato soldi sulla base di voci di un rendiconto falsato. Sul fronte interno, intanto, proseguono le pulizie di primavera delle «scope padane». Come chiesto dall'ala maroniana del partito, infatti, Monica Rizzi, assessore allo Sport della Lombardia, "rea" di esser stata la "madrina" di Renzo Bossi, si è dimessa. «Alla richiesta del mio partito di fare un passo indietro rispondo obbedisco, come ho fatto nel 2010 per candidare Renzo Bossi e in tutti questi 24 anni di Lega Nord - ha spiegato - Ho rimesso le deleghe nelle mani di Roberto Maroni e Roberto Calderoli, membri del triumvirato della Lega Nord per l'indipendenza della Padania». L'esponente leghista è indagata a Brescia per un presunto dossieraggio messo in piedi per favorire Bossi junior nelle scorse elezioni regionali. A prendere il posto di assessore sarà Luciana Ruffinelli, attualmente unica consigliera leghista in Lombardia. «La questione è risolta», ha commentato Maroni. Nessuna questione da risolvere, invece, a quanto pare, per il presidente leghista del Consiglio regionale lombardo, Davide Boni, indagato per presunte tangenti. Calderoli lo ha incontrato per circa un'ora, ma non gli ha chiesto alcun passo indietro. Non tutti, evidentemente, meritano un colpo di scopa.