Bobo fa già il capo: pulizie finite, fase 2

«Dopo le pulizie di primavera torniamo a fare politica. Questa sera sono a Sondrio per parlare dei problemi della gente e delle malefatte del governo Monti-Dracula. Basta piangerci addosso, ora si riparte. Viva la Lega!». Roberto Maroni si prende il Carroccio. Si rivolge alla base tradita. Rassicura il Nord. «Al diavolo tutti i gufacci che ci danno per morti, Io sono orgoglioso di essere leghista!», scrive su Facebook. Sotto, pubblica un fotomontaggio che lo ritrae mentre guarda un cartellone verde. È una sorta di nuovo decalogo leghista: «1 -I soldi alla sezione; 2 - Meritocrazia; 3- Largo ai giovani; 4 - Fuori chi viola lo Statuto e il codice morale della Lega». I primi quattro punti riassumono la "saga" padana degli ultimi giorni. Tesori spariti, tesorieri espulsi, figli d'arte salvati, ma accompagnati gentilmente alla porta. L'opera di pulizia all'interno del Carroccio è davvero finita? «Quasi», risponde lui in mattinata, uscendo del Pirellone. Bobo ha deciso di indossare i panni del leader e, a sorpresa, va a far visita al governatore della Lombardia, Roberto Formigoni. «Per fare il punto», dice. Per dimostrare plasticamente chi è pronto a gestire il Carroccio, più verosimilmente. L'ex ministro prova ad indicare la sua ricetta per portare i lumbard fuori dalla crisi in cui sono piombati a causa delle inchieste. Un percorso che ha un obiettivo chiaro: la stagione dei congressi regionali che culminerà con quello federale a Milano il 30 giugno e primo luglio. «Un evento storico», lo definisce lui. E a buona ragione, visto che l'assise generale leghista non si celebra da più di 10 anni. Il "barbaro sognante" sa che proprio il congresso federale potrebbe incoronarlo segretario. Dopo editti e serate per celebrare «l'Orgoglio Padano», si volta finalmente pagina, si dirà. Bè, quasi. Perché, in realtà, restano ancora da smaltire le scorie della guerra interna al Carroccio. Rosy Mauro, ultimo baluardo cerchista, (il cui Sindacato padano, stando all'analisi della Gdf, non avrebbe alcun tipo di contabilità) resiste alla vicepresidenza di Palazzo Madama anche se la prossima settimana quasi certamente subirà anche l'umiliazione dell'espulsione dal suo gruppo al Senato. La "pasionaria", però, non è l'unica donna del Carroccio nell'occhio del ciclone. Rischia, e molto, anche l'assessore lombardo Monica Rizzi, membro del «cerchio magico» e "mentore" di Renzo Bossi nella sua discussa corsa al consiglio regionale del Pirellone (anche se «la sua candidatura fu un errore di valutazione», dichiara adesso). Malgrado le rassicurazioni in senso contrario dello stesso Maroni al termine dell'incontro con Formigoni, alla Rizzi potrebbe essere chiesto di fare un passo indietro per fare spazio a un "maroniano". La decisione, spiegano fonti del Carroccio, potrebbe essere formalizzata lunedì. I cerchisti insorgono. «Nei confronti di Davide Boni che è presidente del consiglio regionale ma indagato - spiega uno di loro - non viene chiesto nulla di simile. Si usano due pesi e due misure. Questa è un'epurazione. Altro che fine delle pulizie». Lei si dice serena. «La Lega, quella vera, leale ed onesta, non si sognerebbe mai di chiedere un passo indietro a nessuno solo perché ha obbedito a degli ordini o perché fedele ad Umberto Bossi», spiega. Già, gli ordini. La Rizzi rischia di pagare la presenza del suo nome in una telefonata di febbraio fra la segretaria Nadia Dagrada e l'ex tesoriere leghista Francesco Belsito, in cui quest'ultimo spiegava di averle dato «cash» soldi per la campagna elettorale di Renzo Bossi provenienti dai conti della Lega. Da allora, la Rizzi ha scalato molte posizioni nella classifica dei nomi da epurare, anche se in realtà sembra che alcuni maroniani siano più realisti del re, andando oltre le indicazioni dello stesso Maroni per fare piazza pulita degli avversari interni al partito. L'ex responsabile del Viminale sa che per guidare il Carroccio serve in primis la capacità di unire. Dividere è facile, ma sarebbe un suicidio politico. Maroni sa di dover ricompattare tutti. La Lega non è un partito classico ma un movimento. La capacità unica dell'Umberto è stata quella di riuscire a tenere insieme decine di realtà e istanze diverse, da Trieste alla Val d'Aosta. È quella l'eredità a cui punta Bobo, cosciente di dover scendere a patti soprattutto con la forte ala veneta del partito. Intanto le indagini vanno avanti. Tra i conti acquisiti dalla Gdf, c'è anche quello della "vecchia tesoreria" del Carroccio gestita da Maurizio Balocchi fino al 2010, quando l'esponente del partito morì e venne sostituito da Belsito. Proprio l'ex tesoriere potrebbe però riaprire la partita. Ieri i suoi avvocati hanno annunciato che «è pronto a parlare con i pm». Dalle sue parole potrebbe arrivare altro lavoro per le «scope padane».