Il Vaticano sulla Orlandi «Nulla da nascondere»
Il portavoce della Santa Sede: sempre pronti a collaborare Il fratello diEmanuela: «Un passo avanti verso la verità»
Ventinoveanni di congetture e di ipotesi che hanno visto tirare in ballo servizi segreti, complotti stranieri, killer d'oltre confine e criminalità organizzata. Nel mirino dei lati oscuri della vicenda il Vaticano per il fatto che la ragazzina era cittadina vaticana. A riaprire il caso, alcuni anni fa, e a complicare tutta la vicenda le dichiarazioni di una donna, ex convivente di uno dei capi della banda della Magliana, Enrico De Pedis, detto Renatino, che addossò la responsabilità del sequestro e della morte proprio al boss. De Pedis, ucciso nel 1990, è stato sepolto nella chiesa di Sant'Apollinare a Roma alimentando così ulteriori congetture. Ieri il Vaticano ha voluto fare chiarezza. «Tutte le autorità vaticane - ha sottolineato padre Lombardi, portavoce della Sala stampa - hanno collaborato con impegno e trasparenza con le autorità italiane per affrontare la situazione del sequestro nella prima fase e, poi, anche nelle indagini successive. Non risulta che sia stato nascosto nulla, né che vi siano in Vaticano segreti da rivelare sul tema. Continuare ad affermarlo è ingiustificato, anche perché, lo si ribadisce ancora una volta, tutto il materiale pervenuto in Vaticano è stato consegnato, a suo tempo, al pubblico ministero inquirente e alle autorità di Polizia. Inoltre, il Sisde, la Questura di Roma e i Carabinieri ebbero accesso diretto alla famiglia Orlandi e alla documentazione utile alle indagini. Se le autorità inquirenti italiane - nel quadro dell'inchiesta tuttora in corso - crederanno utile o necessario presentare nuove rogatorie al Vaticano possono farlo in qualunque momento, secondo la prassi abituale e troveranno, come sempre, la collaborazione appropriata». Padre Lombardi ha voluto ricordare «l'intensa partecipazione personale di Giovanni Paolo II alla tragica vicenda della giovane e alla sofferenza della sua famiglia, rimasta finora nell'oscurità sulla sorte di Emanuela». Quindi il portavoce della Santa Sede ha voluto sottolineare: «Se le persone che scompaiono ogni anno in Italia e di cui non si sa più nulla nonostante le inchieste e le ricerche sono purtroppo numerose, la vicenda di questa giovane cittadina vaticana innocente scomparsa continua a tornare sotto i riflettori. Non sia questo un motivo per scaricare sul Vaticano colpe che non ha, ma sia piuttosto occasione per rendersi conto della realtà terribile e spesso dimenticata che è costituita dalla scomparsa delle persone». Parole ben accolte da PietroOrlandi, il fratello diEmanuela che non ha mai cessato di battersi per sapere la verità sulla scomparsa della sorella. «Questo è un gesto cristiano: un importante passo avanti.Per me e per la mia famiglia è una cosa molto positiva - ha detto Orlandi - Non so come si evolverà, ma è una cosa buona: è una mia idea, ma in quello che ha detto Lombardi credo che ci sia la parola del segretario particolare del Papa Padre George Gaenswein». Pietro Orlandi ha incontrato monsignor Gaenswein nel gennaio scorso. Fu lo stesso Orlandi a chiedere un incontro per discutere il caso di Emanuela e, da quanto ha fatto sapere il fratello della ragazza, il segretario particolare di Benedetto XVI ha mostrato «molto interesse e partecipazione». Un passo avanti che si concretizza nella disponibilità del Vaticano di traslare la salma di De Pedis. Poiché la collocazione della tomba del boss della banda della Magliana presso la Basilica dell'Apollinare «ha continuato e continua ad essere motivo di interrogativi e discussioni, anche a prescindere dal suo eventuale rapporto con la vicenda del sequestro Orlandi, ha ribadito Padre Lombardi - si ribadisce che da parte ecclesiastica non si frappone nessun ostacolo a che la tomba sia ispezionata e che la salma sia tumulata altrove, purché si ristabilisca la giusta serenità rispondente alla natura di un ambiente sacro». La nota ufficiale del Vaticano sulla vicenda di Emanuela Orlandi viene accolta tiepidamente da Ilario Martella, ex giudice istruttore che indagò sull'attentato a Wojtyla e sul rapimento della Orlandi. «Bene che ci sia stata la presa di posizione dopo gli attacchi, tuttavia - afferma il magistrato - il Vaticano avrebbe dovuto uscire allo scoperto prima. Dire poi che non si nascondono segreti toglierà un alibi agli inquirenti». Il magistrato che si è occupato dell'inchiesta ha sempre sostenuto che la pista di Alì Agca restava quella più accreditata da seguire. E il Vaticano, ieri, ha ammesso che sospettarono di un legame con la «pista turca» e «internazionale» come sembra abbia detto GiovanniPaolo II alla famiglia Orlandi durante un incontro privato.