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Rosi Mauro resiste Maroni: faremo pulizia

La carezza di Roberto Maroni ad Umberto Bossi durante la manifestazione Orgoglio Padano

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Rosi Mauro non si dimette da vicepresidente del Senato. Ci hanno provato in tutti i modi a farla «ragionare» ma non è servito a niente: «Non ho fatto nulla di male, uscirò pulita da questa storia». Ma il clima è sempre più incadescente, con i militanti della Lega che tornano a chiedere alla «nera» (la chiamano così dal colore dei capelli) di farsi da parte. Prima della serata dell'«Orgoglio leghista» a Bergamo gliel'ha ripetuto anche Umberto Bossi. Ma la «badante», così l'hanno soprannominata per la costante vicinanza al Senatùr, non molla. «Non ho mai preso un euro», dice Rosi. A quel punto è stato il «triumviro» Roberto Calderoli, a nome anche di Roberto Maroni e di Manuela Dal Lago, ad annunciare: se non si dimette, prenderemo provvedimenti. Fin dalla mattina di ieri si sono rincorse le voci di dimissioni imminenti, «la lettera di poche righe è già pronta» confermano verso mezzogiorno in ambienti leghisti. Nel pomeriggio dal partito tornano a sollecitare «ufficialmente» il passo indietro. Ma la Rosi non ci sta. Telefona di nuovo a Bossi, si lamenta delle accuse infondate e dell'accerchiamento mediatico. Poi matura la decisione che spiazza tutti. «Non mi dimetto. Ho tutti gli elementi per difendermi e lo farò anche nell'Aula del Senato. Ho parlato con Bossi e la Dal Lago. Mi dicono che per opportunità politica dovrei dimettermi. Ma per la prima volta - racconta con le lacrime agli occhi a Porta a Porta - ho detto no a Bossi». La senatrice del Carroccio si sente in trappola: «Come se mi avessero messo in croce...», confessa. «Io non ho fatto niente di illegale, non vedo perché mi dovrei dimettere per dimostrarlo». Ma come, obietta Vespa, anche Bossi e suo figlio si sono fatti da parte...«Ognuno fa ciò che si sente», replica la Mauro. «Mi costa molto dire no al partito», assicura. Lei, la dura che Bossi volle alla testa del sindacato padano e poi al suo fianco per l'irruenza e la voce tonante, non cede al capo e sfida i vertici leghisti. L'autodifesa è puntuale: «La Lega non mi ha mai dato un euro». I soldi di cui si parla erano «donazioni del partito al sindacato padano». Ma «tutti lo sapevano, anche Bossi, perché non c'era niente di illegale». E i «29 mila franchi alla Nera», citati nelle intercettazioni? La Mauro assicura: «La Nera è l'infermiera svizzera che segue Bossi». E la laurea comprata con soldi del partito? «Ero asina a scuola, non mi ha mai neppure sfiorato l'idea di iscrivermi a un'università. Posso escluderlo anche per il mio caposcorta, Paolo Moscagiuro», che «non è il mio compagno». Ma nel Carroccio pochi sono pronti a sentire le parole di Rosi. Da Bergamo, dove i «barbari sognanti» hanno accolto Bossi e Maroni, si sono levati slogan furenti: «Chi non salta Rosi Mauro è», «Badante puttana lo hai fatto per la grana». Maroni e Bossi insieme sul palco hanno cercato di voltare pagina. Con loro anche Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago, oltre al segretario provinciale di Bergamo, Cristian Invernizzi, e il presidente della Provincia, Ettore Pirovano, che voleva salire sul palco con una motosega («È un simbolo troppo cruento» ha spiegato il deputato-organizzatore della manifestazione, Consiglio, pregandolo di desistere dall'intenzione). L'ex ministro dell'Interno Maroni non ha fatto sconti a nessuno: «La Lega non è morta, la Lega non morirà ma riparte da qui. La Lega è potentissima, non ci sono cerchi che tengano». Poi ha avvertito: «Mi spiace che Rosi Mauro non abbia accolto la richiesta del nostro presidente, ma se non si è dimessa ci penserà la Lega a dimetterla. Così forse potremo avere un vero sindacato padano, guidato da un padano vero». Maroni ha ribadito: «Da oggi si cambia, basta con i complotti, con le scomuniche, con le fatwe e con i cerchi». Ha annunciato che il prossimo consiglio federale della Lega, venerdì, procederà all'espulsione dal movimento dell'ex tesoriere Belsito. In più «oltre alle regole, oltre alla pulizia, dobbiamo pensare alla cosa più importante, che è l'unità del movimento». Insomma «c'è la necessità che i congressi si facciano subito e che il congresso del Veneto si faccia lo stesso giorno di quello della Lombardia». S'è soffermato sul fondatore della Lega: «Umberto Bossi non si merita quello che è successo. Lo conosco da 40 anni e non c'entra niente», ha assicurato l'ex ministro che ha sottolineato come il Senatùr abbia «fatto un gesto di grandissima dignità, le dimissioni». E per rafforzare il concetto ha rilevato che quel passo indietro è arrivato da «Umberto Bossi, non un pirla qualsiasi». Bossi, invece, ha rilanciato l'idea del «complotto»: «Le cose sono organizzate, non vengono per caso». Poi ha guardato avanti: «La cosa principale di stasera è un giuramento fatto da chi dirige la Lega affinché non ci siano più divisioni». Ha precisato: «Non è vero che Maroni sia un traditore. Bisogna smettere di dividere la Lega». Infine ha concluso: «Il cerchio magico non esiste, è stato creato da loro (la stampa, ndr) per creare casini nella Lega. Resteremo finché la Padania sarà libera. Siamo pronti a dare battaglia fino alla libertà dei nostri diritti e della nostra terra».

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