Napolitano a Monti Ora la crescita
Ilfeeling tra il premier Mario Monti e i mercati che la stampa estera ha rimarcato in questi mesi di governo, è ancora tutto da guadagnare. L'Italia resta terreno favorevole per la speculazione tant'è che basta la minima incertezza (è il caso della discussione sulla riforma del lavoro) per far volare lo spread. Tant'è che il differenziale tra i titoli pubblici e il Bund tedesco continua a mantenersi a un livello di guardia: ieri è sceso a 375 punti dopo il picco a 404 di martedì. Ma è soprattutto l'andamento dei rendimenti dei titoli pubblici e del credit default swap, la cartina tornasole di come i mercati guardano all'Italia: un Paese ancora ad alto rischio come la Spagna. L'asta dei Bot ieri si è conclusa con rendimenti triplicati per i trimestrali (1,249% rispetto allo 0,492% nel collocamento di marzo) e raddoppiati per quelli annuali (2,84% rispetto all'1,405% di marzo). Roma, pur riuscendo a piazzare tutto l'ammontare previsto, paga per i suoi titoli a 12 mesi più di quanto la Germania sborsa per i decennali. La Banca d'Italia ha attribuito questo risultato «al riaccendersi delle tensioni sui titoli del debito sovrano dell'area euro». Un operatore di Borsa spiega che le tensioni degli ultimi giorni sul debito sovrano europeo hanno penalizzato i titoli di Stato dei paesi percepiti come più rischiosi, ad iniziare dalla Spagna e dall'Italia. In molti hanno colto l'occasione per incassare i guadagni messi a segno dai titoli di stato italiani dall'inizio dell'anno. Altra spia è il livello dei credit-default swap, cioè il costo per assicurarsi dal rischio di default, che per la Spagna è salito a a 485 punti base, sfiorando il record di 487 segnato lo scorso 23 novembre e per l'Italia viaggia a 437 punti base. Oggi c'è l'asta dei Btp e il risultato sarà una sorta di prova del nove. Maria Cannata, direttore per il debito pubblico al Tesoro, ha spiegato che «buona parte delle turbolenze attuali derivano dal contagio spagnolo perché la Spagna ha talune fragilità». E comunque è «ormai appurato che l'Italia non è un problema per l'Eurozona». Quanto al crollo di Borsa e all'aumento dello spread di martedì, per Cannata è attribuibile a una serie di «fattori combinati: articoli negativi sui giornali inglesi, dati economici Usa deludenti e alla fine tutto è stato collegato e il timore ha prevalso». Cannata ha anche sottolineato che influisce pure l'andamento del Bund tedesco al minimo storico come rendimento (1,64): questo ha determinato l'allargamento dello spread. Il problema numero uno che preoccupa i mercati è la mancanza di crescita. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha strigliato il governo e ieri ha incontrato il premier Monti di ritorno dal Medio Oriente per esprimergli la sua preoccupazione. «Non basta invocare la crescita. Talvolta risulta un po' fastidioso e vacuamente polemico come se ci fossero sordità al riguardo e fosse chiuso il capitolo dell'austerità». E sottolinea che anche sui mercati è «tornato l'inverno» e il clima «internazionale e europeo è cupo». La priorità è di «dare maggiore attenzione all'aggravarsi del disagio sociale delle famiglie, all'aumento della povertà». Napolitano non esita a definire «inquietanti e allarmanti i dati economici». Questa situazione porterà inevitabilmente il governo a rivedere al ribasso le stime di crescita del 2012. Di quanto? Il viceministro all'Economia Vittorio Grilli non si sbilancia. «Noi siamo sempre abbastanza coerenti con le stime della Commissione europea», ha risposto a chi lo pressava. La Commissione Europea nelle sue ultime stime ha indicato per l'Italia un pil 2012 a -1,3%. Sarebbe questo uno dei due punti di riferimento della forchetta di previsione ora sul tavolo del Tesoro, in una stima che potrebbe addirittura arrivare a -1,5%, un valore indicato nelle ultime previsioni della Banca d'Italia. Le nuove stime arriveranno probabilmente già venerdì quando il Consiglio dei Ministri esaminerà il Def, il documento di economia e finanza che ha sostituito in chiave europea il vecchio Dpef. Ma anche se l'indicazione finale dovesse attestarsi a -1,5% sarebbero più basse del -1,6% indicato dal centro studi di Confindustria e soprattutto del -2,2% del Fondo Monetario Internazionale. In precedenza il governo aveva stimato un -0,4%. Saranno però confermati gli obiettivi economici, primo tra tutti il pareggio di bilancio per il 2013. Un punto in meno di crescita vale circa mezzo punto in più di deficit. Ma, in questo caso, il governo non introdurrebbe modifiche per le previsioni di deficit e, in particolare, confermerebbe il pareggio di bilancio nel 2013. Più volte Monti ha ribadito che non ci saranno manovre aggiuntive. L'unico ritocco potrebbe essere quello dell'Iva. Alcune novità positive si sono aggiunte rispetto ai mesi scorsi. Allora lo spread volava allora sui 580 punti e le stime furono fatte su un differenziale di circa 500 punti sul Bund tedesco, con un maggior costo di oltre 16 miliardi. Nonostante il rush degli spread di questi ultimi giorni, i rendimenti dei titoli di Stato si sono ridotti a livelli più bassi. A questo vanno aggiunti i maggiori incassi della lotta all'evasione.