La "badante" sfida Bossi: non lascio
Lo spettacolo della Grana Padana è la rappresentazione tragicomica della Seconda Repubblica che tira le cuoia. La «badante» Rosi Mauro che in lacrime da Vespa sfida Bossi e si rifiuta di dimettersi dalla vicepresidenza del Senato. E la storia dell'infermiera svizzera del Senatur. E il figlio Renzo - quello che studiava da delfino e resterà trota - che esce dal retro del Pirellone per paura delle monetine. E l'autista che filma i pagamenti in nero al figlio del capo e spiffera tutto ai giornali (e dopo ai pm). E il triumvirato che fa comunicati, viene spernacchiato e il dentista Calderoli che prende le pinze per l'estrazione del dente del giudizio e annuncia «prenderemo decisioni». E il celodurista Matteo Salvini che erompe in un autobiografico slogan: «Non ci interessa né la caccia né la strega». E la Tanzania che batte gli gnomi di Zurigo e non si fida di quelli di Via Bellerio e manda indietro i soldi del tesoriere verde, Hulk Belsito, uno che merita una parte in «prendi i soldi e scappa». Dopo Tangentopoli credevo di averle viste tutte. Pensavo che la lezione di quella storia fosse stata recepita dal sistema politico. Invece no, si stanno superando. Così dopo aver toccato il fondo, s'è iniziato a scavare e una situazione che in Italia è sempre stata grave ma non seria, improvvisamente è da incendio neroniano. I partiti politici sono in stato confusionale, continuano a difendere con i denti e con le unghie la cassa e la casta, senza capire che è già saltato tutto e a rischio non c'è la loro rendita, ma la democrazia. Il finanziamento pubblico non è solo da riformare nella parte dei controlli, ma da tagliare con la scure. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha visto benissimo dove stiamo andando a sbattere, ma il Palazzo è ancora intenzionato ad andare avanti come nulla fosse. I traumi ovunque servono a rigenerarsi, da noi al massimo a riciclarsi. Diventano tutti Gattopardi, senza però avere né l'intelligenza né la zampata del protagonista del romanzo di Tomasi di Lampedusa. Privi di qualsiasi fascino letterario, comparse di un teatrino senza talenti, accettano senza fare un plissè le torte in faccia e il lancio della verdura sul palcoscenico. Per chi crede ancora nella politica è un'umiliazione, per chi ha a cuore le sorti del Paese, un disastro. Con la Borsa che crolla e lo spread che torna a volare, ci mancava questo spettacolo. Mesi di governo tecnico, una spremuta di tasse e il rischio che sia stato tutto vano. L'Italia ha bisogno di crescere. In mezzo alle macerie, tra urla, risate e materassi che decollano, qualcuno, per favore, se lo ricordi.