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Il "cerchio" si stringe su Rosi: meglio se lascia la poltrona

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Il leader della Lega Nord Umberto Bossi, con il figlio Renzo e Rosi Mauro

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Ora tocca a Rosi Mauro. Il «cerchio» si stringe sulla vicepresidente del Senato. Secondo i pm avrebbe avuto soldi dal partito per spese personali. Umberto Bossi è stato laconico: «Poi vediamo» ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano se nel Carroccio ci saranno delle espulsioni nei confronti di esponenti coinvolti nell'inchiesta. Più esplicito Roberto Calderoli, uno dei «triumviri» alla guida del Carroccio dopo le dimissioni di Bossi. Rosi Mauro deve rassegnare le dimissioni? «Un passo alla volta, e comunque dipende dalla sua volontà - ha detto - Lasciamo a tutti il tempo per riflettere. Certo sarebbe un gesto positivo, giusto e opportuno dimettersi da vicepresidente del Senato. Cosa che invece Fini non ha ritenuto opportuno fare quando è stato coinvolto in altre inchieste». Ieri Calderoli, oltre ad aver incontrato Umberto Bossi, ha avuto una fitta serie di contatti per mettere a punto la strategia del Carroccio in modo da poter dare le prime risposte ai militanti già oggi, alla manifestazione dell'«orgoglio leghista» a Bergamo. Netto anche il senatore della Lega Massimo Garavaglia, che plaude alle dimissioni di Bossi: «Siamo all'inizio di un'indagine e indipendentemente da tutto la scelta di fare un passo indietro è opportuna. Non si è dimesso Casini con Cuffaro e questa è la dimostrazione che la Lega è un'altra cosa». Quanto alla vicepresidente del Senato, finita nella bufera, «io al posto di Rosi Mauro mi sarei già dimesso», ha assicurato Garavaglia. Non usa mezzi termini il prosindaco di Treviso, Giancarlo Gentilini: «Le dimissioni di Renzo Bossi sono una mossa obbligata, ora tocca alla sindacalista, alla Rosy Mauro, perché quel cerchio magico va distrutto in tutti i suoi elementi». Insomma, avverte ancora Gentilini, «va fatta pulizia, oserei dire una pulizia etnica, radicale, perché lì c'era un muro costruito attorno a loro che non permetteva a nessuno di mettere il naso dentro per vedere ciò che combinavano. Ora per quel che mi riguarda tocca anche a Giorgio Stiffoni - aggiunge - che aveva il compito di controllare i conti; è inutile che si giustifichi dicendo che non glielo lasciavano fare, che non poteva, doveva agire o reagire. Bisogna dare risposte immediate - sottolinea Gentilini - facendo pulizia alla base del movimento: quella base che per la Lega si è spesa in questi anni perché ha creduto nel partito e che adesso si sente tradita e alla quale ora diventa sempre più difficile parlare». Meno provocatorio l'eurodeputato Matteo Salvini: «Chi ha sbagliato paghi, ce lo chiedono i sindaci, i consiglieri comunali, i militanti, gli elettori. Contento non sono perché noi dovremmo occuparci dei disastri del governo Monti ma se emerge quello che emerge dobbiamo fare pulizia e velocemente». Salvini ha espresso «immensa stima e riconoscenza a Umberto Bossi che è stato il primo a fare il passo indietro». Ora, ha aggiunto, «se c'è come pare c'è qualcuno che ne ha approfittato per farsi gli affari propri, per alberghi, per cene, per lauree mentre ci sono militanti che tirano fuori di tasca propria 30 euro per tenere aperta la sezione, penso che queste persone non si debbano più far vedere da nessuna parte. Non penso - ha precisato rispondendo a una domanda sul ruolo del leader dimissionario nel passo indietro del "Trota" - che ci sia una regia di Umberto Bossi, penso e spero che tutti gli altri abbiano la responsabilità di dimettersi per tempo». Parole ovviamente dirette a Rosi Mauro. Riprenderà oggi l'attività istruttoria dei magistrati milanesi che insieme con i colleghi napoletani e reggini stanno conducendo un'indagine divisa in tre filoni diversi con al centro l'ex tesoriere della Lega Francesco Belsito. Il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo con i pm Roberto Pellicano e Paolo Filippini questa settimana dovranno analizzare le carte raccolte durante le perquisizioni della Guardia di Finanza e dei carabinieri del Noe, tra cui anche nella sede federale del Carroccio in via Bellerio e continuare con l'attività istruttoria sentendo testimoni o convocando indagati. Il filone d'indagine della Procura del capoluogo lombardo vede indagati a vario titolo Belsito e gli imprenditori e uomini d'affari Paolo Scala e Stefano Bonet per appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato. In particolare, sotto la lente degli inquirenti e degli investigatori milanesi ci sono fondi pubblici sottratti alle casse del partito per essere utilizzati per le spese personali di Umberto Bossi, di sua moglie, dei suoi figli, di Rosi Mauro e, come risulta dagli atti dell'inchiesta, di Calderoli. Fondi anche utilizzati, secondo le ipotesi accusatorie, per investimenti sospetti di almeno 6 milioni di euro a Cipro e in Tanzania.

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