Ma per essere pagate dallo Stato le imprese aspettano in media 6 mesi
Perchései sono i mesi che, in media, le imprese italiane devono aspettare per ottenere il pagamento dei crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione. Una media che è sei volte superiore a quello che accade in Germania. A lanciare la denuncia, unita all'ennesimo appello, è il Coordinamento per il Manifatturiero. Un'iniziativa che 4536 imprese, 615mila addetti, per un fatturato complessivo di circa 167 miliardi. Un mondo che, già preoccupato per ciò che sta accadendo, è stato messo in allarme dalle dichiarazioni sul tema della crescita rilasciate nei giorni scorsi dal ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera. «Non è solo il mondo economico a preoccuparsi - sottolineano -: il ministro ha analizzato con obiettività la reale situazione del Paese quando ha detto che siamo nel pieno di una seconda recessione che durerà tutto l'anno. È vero: le aziende sono letteralmente "strozzate" dal credit crunch. Non c'è solo una reale difficoltà di accesso al credito ma anche un aumento del costo dei prestiti bancari». Il presidente di Assomet (Associazione Nazionale Industrie Metalli non Ferrosi) Mario Bertoli spiega che la questione del credito oggi è legata a doppio filo con il rapporto delle aziende con la Pubblica Amministrazione: «Se è vero che l'impresa che non paga le tasse è scorretta, è vero anche che lo Stato è ingiusto nel non pagare le imprese. È un letale paradosso: le aziende già penalizzate per non essere pagate dai loro clienti, non ricevono supporti finanziari dalle banche proprio a causa della mancata riscossione di tali crediti. E fra i peggior pagatori c'è proprio la Pubblica Amministrazione, debitrice di 70 miliardi nei confronti delle imprese: oggi devo ammettere che la Pa e le banche sono fra le cause principali della crisi imprenditoriale». Da qui l'appello: «Chiediamo al Governo di interrompere questo circolo se intende promuovere lo sviluppo». Tra l'altro, prosegue Bertoli, è anche difficile «trovare dati precisi». «L'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici - riprende -, parla di 15mila imprese che ogni anno effettuano almeno una gara di fornitura, ma si riferisce solo a gare al di sopra dei 150mila euro, senza tener conto di tutte quelle microforniture in ambito locale. Il vero dramma è che una fetta maggioritaria di questo debito appartiene alle Regioni e ai Comuni, sottoposte ai vincoli "sacri" del patto di stabilità. Non è accettabile che quasi l'80% delle imprese che lavorano con i Comuni denuncino ritardi gravi o cronici dei pagamenti». Quanto poi alle novità introdotte dal decreto liberalizzazioni: «È positivo che le imprese ora possano cedere alle banche il credito verso la Pa per ottenere un'immediata liquidità in cambio ma attenzione: l'azienda rimarrà responsabile di eventuali inadempienze della Pa. Questa soluzione può considerarsi valida nel breve periodo, ma va certo ripensata nel lungo periodo. I dati parlano da soli a gennaio la Banca d'Italia ha registrato una gelata generale nella crescita dei prestiti concessi dalle banche». «Speriamo – aggiungono dal Coordinamento per il Manifatturiero – che dopo aver trovato la soluzione per le commissioni bancarie, ora ci si concentri davvero sulle due questioni importanti per l'economia: mettere a disposizione un plafond per gli investimenti e risolvere il tema dei crediti della Pubblica amministrazione».