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"Roma farabutta è tutto organizzato"

Francesco Belsito ed Umberto Bossi

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Si è dimesso da segretario ma i toni e le parole sono quelle di sempre. Umberto Bossi il giorno dopo aver lasciato la guida del Carroccio, passato il momento dell'emozione e delle lacrime, fa di nuovo la faccia feroce e si lancia all'assalto del suo nemico storico, la Capitale. Stavolta perché – secondo l'ex leader – da lì sarebbe arrivato l'ordine di far partire l'inchiesta contro la Lega. Bossi ieri mattina è uscito dalla casa di Gemonio per andare a Milano a incontrare Roberto Maroni. E con i giornalisti che lo aspettavano si è sfogato così: «A mio parere sa tanto di organizzato, noi siamo nemici di Roma padrona e ladrona, dell'Italia, uno Stato che non riuscirà mai ad essere democratico. Roma farabutta ci ha dato questi magistrati»». Ma i toni aggressivi si esauriscono nell'attacco «al sistema». Bossi è invece conciliante con Maroni, tenta di mettere a tacere chi, anche giovedì fuori dalla sede di via Bellerio, ha urlato all'ex ministro dell'Interno «buffone, traditore». «Maroni non è Giuda – commenta – ha solo fatto una specie di corrente, i barbari sognanti, che non penso sia con me ma neppure contro di me». Ma a Bobo manda anche un messaggio chiaro: «Nella Lega bisogna essere cauti con la militanza perché è gente che ci crede davvero. In ogni caso io non sono più il segretario ma resto sempre un sostenitore della Lega». Qualche parola anche per Silvio Berlusconi, suo alleato per tanti anni, prima della separazione per l'appoggio del Cavaliere al governo Monti: «Magari ci sarà rimasto anche male per me». Bossi parla anche dell'inchiesta che ha travolto lui, la sua famiglia e il partito. Difende Renzo – «mio figlio mi ha portato le prove che l'automobile è sua e l'ha pagata lui, di questo sono certo perché l'ho visto coi miei occhi» – spiega che l'accusa di aver utilizzato i soldi della Lega per ristrutturare la casa è falsa e parlando dei lavori racconta che «hanno sbagliato a rifare un balcone che perdeva acqua e abbiamo chiamato uno della Lega bergamasca che poi non ha mandato la fattura». Al nuovo tesoriere della Lega Stefano Stefani chiede di «rintracciare tutta una faccenda molto oscura» e alla fine, a chi gli domanda se si ricandiderà alla segreteria risponde con un cauto «non abbiamo ancora deciso quando faremo il congresso... allora te lo dirò». Ma proprio questo è stato uno dei temi caldi del vertice che poi Umberto Bossi ha avuto nel pomeriggio con Roberto Maroni, Giancarlo Giorgetti e Roberto Calderoli. Però, prima di andare all'incontro il Senatùr si è fermato nella Chiesa di Santa Giustina per l'adorazione del Santo Sepolcro. Finita la cerimonia è andato in via Bellerio e per quasi due ore ha discusso faccia a faccia con «Bobo». Nel «menù» la strategia dei prossimi mesi, i dubbi sull'inchiesta che ha messo in crisi il partito, i chiarimenti su quei soldi che secondo i magistrati sono stati utilizzati per la famiglia e la corsa per la leadership nel Carroccio. «Diciamo che riprende l'iniziativa politica della Lega, a partire già dalla prossima settimana – ha spiegato Maroni lasciando via Bellerio – Oggi abbiamo fatto il punto della situazione e discusso delle prime iniziative da prendere, a partire già dalla prossima settimana, dopo le festività pasquali. Ci sarà in primo luogo la riunione del comitato amministrativo. E poi ci metteremo al lavoro sulle iniziative politiche del Movimento per garantire la trasparenza finanziaria dei partiti». Non è un mistero che proprio l'ex ministro dell'Interno sia il più accreditato per diventare segretario della «nuova» Lega. Quella che dovrà cercare di far piazza pulita di tutto il marcio che è uscito alla luce del sole. La lotta per la supremazia nel Carroccio comunque è già iniziata: dieci componenti sui sedici del direttivo provinciale della Lega Nord di Varese, i «maroniani», chiederanno la sfiducia del segretario Maurilio Canton nella prossima riunione. Decisione presa dopo che lo stesso Canton, nominato su indicazione di Umberto Bossi, giovedì ha partecipato al presidio in via Bellerio in cui c'è stata la contestazione proprio contro l'ex ministro.

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