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Berlusconi: "Niente liti fra ex Fi ed ex An. Ridiamo fiducia alla gente"

L'ex premier Silvio Berlusconi

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Invita gli ex An e gli ex Fi a non esasperare i toni. A recuperare le ragioni del Pdl e a ripartire perché ci sono ancora buone possibilità di vincere le prossime elezioni. Silvio Berlusconi suona la carica. All'ufficio di presidenza, convocato ieri mattina a Palazzo Grazioli, l'ex premier assicura di voler recuperare lo spirito del '94 (glielo chiedono in tanti, a partire dall'ex ministro Giancarlo Galan, che due giorni fa ha polemizzato aspramente con il collega Ignazio La Russa). Non si scoraggia il Cavaliere: «Dobbiamo ridare fiducia alla gente», ripete un paio di volte. Scarica le responsabilità della caduta del suo governo sul presidente della Camera, Gianfranco Fini, che gli risponde a tono: «Ringrazio B per il merito che mi ha riconosciuto. Se fossi stato zitto e buono lui sarebbe ancora premier. E l'Italia sarebbe alla bancarotta». Silvio guarda avanti, tenta la mediazione su lavoro e legge elettorale, due temi che scottano in tutti i partiti e che hanno catalizzato il dissenso all'interno del Pdl e del Pd negli ultimi giorni. «Lasciamo da parte divisioni e ripicche» dice spesso Berlusconi, soprattutto perché le elezioni sono dietro l'angolo. Il Pdl rischia grosso alle Amministrative di maggio, il Cavaliere lo sa e davanti allo stato maggiore di via dell'Umiltà coglie l'occasione per serrare i ranghi: «Tutti i partiti sono in calo e la classe politica ha una popolarità tra il 4 e il 5% mentre il 53-57% degli italiani ora non saprebbe chi votare». L'ex premier non si sbilancia neanche sul nodo delle liste civiche, dopo lo strappo di un gruppo di azzurri a Verona e le polemiche suscitate dal fiorire di associazioni che si richiamo a Fi. E a Galan, che gli chiede ancora una volta di riacquistare lo smalto dei tempi d'oro assicura: io ci credo ancora. Berlusconi ammette: certo abbiamo deluso i nostri elettori, ma dobbiamo spiegare che se non abbiamo fatto alcune riforme è perché con l'attuale sistema non è possibile, non certo per mancanza di volontà. Ora - sarebbe stata l'esortazione finale del leader pidiellino - occorre «ridare fiducia alla gente». L'ex premier avrebbe ribadito la necessità di sostenere il governo Monti fino alla fine della legislatura, escludendo l'ipotesi del voto anticipato e gelando chi ancora, specialmente tra gli ex An, vorrebbe staccare la spina all'esecutivo. Oggi il nostro Paese, avrebbe avvertito il Cavaliere, è ingovernabile, «la situazione è drammatica», ma «non c'è alternativa al governo Monti, continueremo a offrire la nostra leale collaborazione senza dare nulla per scontato». L'ex premier si fa portavoce della generale preoccupazione emersa durante la riunione sullo stato economico del Paese e sugli ostacoli che Monti ha davanti a sé: «Sono stato a cena con gli imprenditori e nessuno di loro ha dati positivi, tante aziende pensano di delocalizzarsi, i beni di lusso sono cancellati». Le famiglie dovranno fare i conti con Imu, Irpef, costo benzina e l'aumento dell'Iva al 23% darà una stangata ai consumi. Tempi difficili anche per le imprese sottoposte ai blitz della Finanza: «Così - ha detto - si disincentiva l'economia del lusso. Pensate che la Porsche vuole chiudere la sua filiale in Italia». La cura trovata dall'Ue la conosciamo già e ha determinato «il disastro per la Grecia» e ora inizia a determinarlo in Spagna, avrebbe sottolineato Berlusconi, lanciando una stilettata nei confronti della cancelliera tedesca, Angela Merkel, colpevole di orientare «a una eccessiva rigidità la politica europea». La situazione in Italia è drammatica, avrebbe ripetuto, spiegando che in Europa l'Italia è considerata un paese malato, «anche per responsabilità della stampa che mai ci ha seguito nelle cose concrete fatte come quando imputava al nostro governo, assecondando l'opposizione, il rialzo dello spread». Anche Alfano si è soffermato sulla crisi economica, confermando il sostengo al governo tecnico: l'Italia si trova in una congiuntura economica internazionale difficile e complessa. Qualsiasi governo deve fare i conti con la grandezza di tale problema. Il segretario di via dell'Umiltà avrebbe rincuorato i suoi: «Noi siamo forti e preparati, siamo più forti degli altri. Nei gruppi parlamentari di Camera e Senato ci sono le eccellenze del Parlamento italiano e anche il governo le ha scoperte». Alla fine Berlusconi avrebbe parlato delle sue dimissioni, rivelando di averne discusso confidenzialmente anche con esponenti del centrosinistra e a loro «ho spiegato che le mie dimissioni sono state decise non solo per garantire la governabilità del Paese, ma anche per consentire di fare le riforme, a cominciare da quella dell'architettura dello Stato». In ultimo, non ha risparmiato una stoccata al leader dell'Udc Pierferdinando Casini, reo a suo dire di voler «strumentalmente dividere i moderati, consegnandoli alla sinistra».

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