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Agli esodati indennità di mobilità transitoria prima della pensione

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Perle persone che con l'innalzamento dell'età pensionabile rischieranno di trovarsi nei prossimi anni senza lavoro e senza pensione. Il Governo potrebbe mettere in campo una sorta di indennità di mobilità transitoria che li accompagni alla pensione e se effettivamente i numeri si avvicineranno a quelli circolati nei giorni scorsi (350.000 persone) la spesa potrebbe essere per ogni anno pari ad almeno tre miliardi. L'indennità di mobilità infatti ha un tetto di 1.119 euro mensili (per un anno al massimo 13.428 euro) ma se si considera un'indennità media di 10.000 euro per circa 300.000 persone si arriva a tre miliardi. La cifra andrà moltiplicata per gli anni di distanza dall'accesso alla pensione (per alcuni, ci sono aumenti anche di cinque anni mentre per altri magari la differenza sarà molto più breve). Oggi è prevista una riunione tecnica tra ministero del Lavoro, Inps e Ragioneria dello Stato per verificare i numeri ma comunque per trovare una soluzione c'è tempo fino al 30 giugno così come ribadito dal ministro, Elsa Fornero. Per il 2012 non ci sarà nessuno che resterà senza lavoro e senza pensione dato che quest'anno potranno andare in pensione solo coloro che hanno raggiunto i requisiti nel 2011 e stanno aspettando i tempi previsti dalla finestra mobile introdotta dal ministro Sacconi nel 2010 (12 mesi per i dipendenti, 18 per gli autonomi). Il problema riguarderà coloro che avrebbero dovuto raggiungere i requisiti per la pensione nel 2012 (per uscire dal 2013 in poi) e che hanno fatto accordi negli anni scorsi con le aziende per un percorso verso la pensione. Ad esempio un accordo all'inizio del 2011 potrebbe aver previsto l'uscita di donne con 57 anni a quella data (e quindi nate nel 1954) che avrebbero potuto uscire nel 2015 a 61 anni (60 più un anno di finestra mobile) dopo quattro anni di mobilità e che si troveranno a dover aspettare i 63 anni e nove mesi di età (quasi tre anni in più). Il problema principale resta quello del finanziamento della materia. La clausola di salvaguardia a fronte dell'aumento del numero degli esodati prevede che le risorse vadano cercate nei contributi per gli ammortizzatori (quindi nell'aumento dell'1,3% della retribuzione che le aziende pagano per la disoccupazione o nell'aumento dello 0,30% che le aziende pagano per la mobilità o nella prosecuzione di quel contributo dopo il 2017 una volta che la mobilità sia confluita nell'Aspi) ma la Confindustria ha già detto un chiaro no. «Non è accettabile che questo significhi un aumento del costo del lavoro per le imprese».

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