«Basta alleanze forzate Avanti con la riforma»
Tornaa chiedere serietà ai parlamentari e sulla nuova legge elettorale esprime il suo pieno sostegno a un accordo su un sistema di voto che non obblighi più a siglare alleanze forzate. Inevitabile che le parole del presidente del Senato Renato Schifani diano il via al dibattito. Con gli ex Fi che difendono le posizioni del numero uno di Palazzo Madama e gli ex An che invece temono una riforma che lasci aperta la possibilità di dar vita a larghe intese anche nel 2013. L'ufficio di presidenza del partito che si svolgerà domani, con all'ordine del giorno proprio la riforma elettorale, dovrebbe fare chiarezza. Ma anche nel Pd non mancano i malumori, mentre resta la ferma opposizione dell'Idv. Intanto, nonostante il leader leghista Bossi abbia negato di aver incontrato Berlusconi a Gemonio, in via dell'Umiltà continuano a circolare voci su un'intesa tra il Cavaliere e il Senatùr su una riforma della legge elettorale che non penalizzi il Carroccio. Domani gli esponenti di Pd, Pdl e Terzo Polo torneranno a incontrarsi per mettere nero su bianco una bozza alternativa al «Porcellum», e non è escluso che gli stessi leader Bersani, Alfano e Casini possano fissare la data di un nuovo vertice. Ma gli ex An mettono le cose in chiaro: «Se qualcuno pensa che noi si collabori a immaginare futuri istituzionali e leggi elettorali studiate per far durare in eterno il predominio della tecnocrazia sulla politica con la P maiuscola, si sbaglia», avverte Ignazio La Russa. «La legge elettorale deve cambiare per quanto riguarda il sistema di rappresentanza - spiega il coordinatore del Pdl - perché non ci sta bene che siano i partiti a decidere le liste degli eletti». Tuttavia, secondo l'ex ministro della Difesa, si «dovrà mantenere la logica bipolare, unica realtà inconfutabilmente positiva della seconda Repubblica» e che è «il regalo che Berlusconi ha fatto agli italiani» consentendo di scegliere tra destra e sinistra: «Vogliono toglierci questa conquista e non dobbiamo consentirlo». Non la pensa così il presidente del Senato, che è fiducioso sulla possibilità che i partiti maggiori raggiungano un'intesa: «Io credo che si metteranno d'accordo - afferma durante l'Intervista su Skytg24 - e che si torni all'ipotesi dei collegi per favorire la scelta da parte dei cittadini». Si sta andando verso «una legge che non prefiguri più l'esigenza di alleanze preventive, condivido questa impostazione». Del resto, prosegue Schifani, «facendo un'analisi degli ultimi 16 anni di bipolarismo, le forme elettorali con cartelli elettorali uniti pur di vincere non hanno determinato la coesione politica all'interno delle alleanze che sono risultate prive della spinta riformista necessaria al paese». Le coalizioni erano «paralizzate dai veti dei partiti». Ora, invece, si potrebbe andare verso «alleanze fatte sulla base di un programma condiviso, ma che si fonda su scelte rigorose. Non sono d'accordo che sarà la tomba del bipolarismo - sottolinea Schifani - ma sarà un bipolarismo diverso», non più basato su una «leadership carismatica che ha creato nel passato una serie di aggregazioni a favore o contro la leadership di Berlusconi». Infine il presidente di Palazzo Madama aggiunge: «In occasione del dibattito sulla riforma elettorale e costituzionale dovremmo porci un tema: se in tutta la disciplina giuridica sui Consigli di Amministrazione è prevista l'automatica decadenza se ci sono troppe assenze ingiustificate, perché non è possibile prevedere la decadenza quando un parlamentare eccede in assenze senza reali motivazioni e giustificazioni? Su questo bisognerebbe scommettere per recuperare credibilità». Accoglie con favore le idee di Schifani sulla legge elettorale il vicecapogruppo a Palazzo Madama, Gaetano Quagliariello: «Ha ragione il presidente Schifani: non c'è un solo bipolarismo possibile. Bipolarismo non vuol dire per forza coalizioni obbligate messe insieme solo per prendere un voto in più degli avversari; può anche significare un sistema che incoraggi le aggregazioni in grandi partiti e attribuisca a chi vince la responsabilità di governare, e dunque un bipolarismo più maturo e compatibile con la situazione reale che si è determinata nella politica italiana con la rottura delle vecchie alleanze». Ma Fabrizio Cicchitto mette le mani avanti: «Il confronto sul merito della riforma è tuttora aperto», e il collega di partito, Osvaldo Napoli, chiede che «tutti gli attori politici valutino e soppesino bene prima di abbandonare il Porcellum per navigare verso non si sa che cosa. Come si sa al peggio non c'è mai limite». Napoli concorda sul fatto che «la legge elettorale non deve più costringere ad alleanze coatte destinate poi a sfaldarsi, una volta al governo, sulle scelte di programma», ma osserva che «neppure può, in nome dell'affinità dei programmi, favorire o tollerare il rimescolamento delle carte una volta che gli elettori abbiano espresso con chiarezza le loro indicazioni». Resta critica la posizione dell'Idv: «Riteniamo che l'attuale bozza cui si sta lavorando è una truffa che segnerà il passaggio dal Porcellum al Bordellum», dice il capogruppo alla Camera Massimo Donadi, secondo il quale «Pd, Pdl e Udc vogliono tornare alle mani libere e alla politica dei due forni». Non ci sta nemmeno il leader de La Destra Francesco Storace, che tuona: «È davvero pesante che la seconda carica dello Stato auspichi la cancellazione sostanziale del bipolarismo e di ogni forma di pluralismo politico, il sostegno di Schifani alla triplice politica è inaudito, peggio di una coltellata».