Sul lavoro Monti torna decisionista
Dopo le aperture e i segnali distensivi lanciati al Partito Democratico con la scelta del disegno di legge, piuttosto che il decreto, per riformare il mercato del lavoro, il premier Mario Monti ha battuto i pugni sul tavolo ieri al Forum della Confcommercio di Cernobbio, bloccando di fatto la possibilità che le nuove norme siano demolite e stravolte nel corso dell’iter parlamentare. Niente illusioni insomma ha fatto capire il Professore: «La riforma sul mercato del lavoro non è suscettibile a incursioni». Monti ha infatti chiarito il senso della formula «salvo intese» aggiunto nel comunicato finale del consiglio dei ministri. Secondo il presidente del Consiglio la parola significa «salvo intese fra membri del governo e Capo dello Stato». Paletta rossa a quella parte del Partito Democratico che annusata l'aria è pronta ad alzare le barricate adottando la linea intransigente della Cgil. «Nessuno si illuda - ha avvertito il premier - che significhi che forze importanti che abbiamo ascoltato, ma esterne al governo, possano in qualche modo intervenire». Si tratta cioè di «un processo di affinamento di un testo complesso ma non è aperto a contributi esterni». Insomma ora la parola spetta al Parlamento. Monti ha rincarato quindi la dose: «In passato sono state ascoltate troppo le categorie perché la politica cercava consensi a tutti i costi. E, ora, credo che sono stato chiamato per rimediare ai mali fatti nei decenni mentre io non sono stato chiamato per cercare il consenso. Qualunque sia l'esito di questo governo, che mi auguro sia positivo, non cercherò il consenso che non ho cercato fino ad adesso». Sulla decisione della Cgil di non revocare lo sciopero Monti non si è detto sorpreso: «Non mi aspetto che ci sia una revoca, mi dispiace, ma credo faccia parte della fisiologia normale dei rapporti». Il capo del Governo però a Cernobbio non ha parlato solo di lavoro ma anche di crescita e fisco. Sulle tasse che continuano ad aumentare, visto che le misure del Salva Italia, sono spalmate nel corso dell'intero 2012, Monti ha voluto precisare: «Abbiamo dovuto aumentarle, non potevamo fare diversamente» e il motivo è stato «la colpevole tardività», in passato, a compiere passi decisivi contro la crisi. Così ora è più difficile «mettere l'Italia sul sentiero della crescita e sulla diminuzione delle tasse». «Non prometto a nessuno crescita nel 2012, avremo meno recessione» ha proseguito il premier secondo cui bisogna dare tempo al tempo: «Nei confronti dei politici che verranno, invito fin da ora ad avere pazienza» perché ci sarà bisogno di sostegno ad operazioni molto lunghe. «Non illudiamoci, da una crisi che è stata costruita in decenni di non decisioni non se ne esce in 5 mesi o in un anno». Dunque bisogna fare attenzione a non abbassare la guardia perché il rischio contagio è dietro l'angolo: c'è preoccupazione per l'aumento dei tassi di interesse della Spagna. E a Cernobbio ha parlato anche il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera spiegando che il governo si impegnerà per evitare l'applicazione della clausola di salvaguardia sull'Iva che potrebbe far scattare nuovi aumenti da ottobre. L'esito, però, è tutt'altro che scontato. E se non arriveranno altre risorse l'imposta salirà al 23%. Intanto venerdì Monti ha firmato il Dpcm che fissa un tetto per le retribuzioni dei manager pubblici. Nessun trattamento economico potrà superare quello del primo Presidente di Corte di Cassazione. Oggi il premier parte per l'Asia. Obiettivo convincere gli investitori dell'area a investire ora in Italia.