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La politica entra a Palazzo Chigi Ora occhi puntati su Passera

Il ministro Corrado Passera

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Houston, abbiamo un problema. Il governo dei tecnici non è più tanto tecnico: nel consiglio dei ministri di venerdì, quello che ha sì licenziato la riforma del mercato del lavoro ma con la formula rischiosissima «salvo intese», se ne sono viste e sentite di tutti i colori. Un'altra norma attesa, quella fiscale, è di nuovo slittata. E la nomina del direttore generale del Tesoro, posizione chiave del potere pubblico fin qui cumulata dal viceministro dell'Economia Vittorio Grilli, è stata accompagnata da tensioni tra Mario Monti e lo stesso Grilli, che al designato Vincenzo La Via, finora direttore finanziario della Banca Mondiale, avrebbe preferito un uomo a lui più vicino, il banchiere Alberto Giovannini. Ma soprattutto la politica è entrata per la prima volta nel salone del Consiglio, e la si è apertamente percepita intorno al grande tavolo tondo. A rendere la situazione più complessa è da ieri l'annuncio di Giorgio Napolitano che dal maggio 2013 sarà «un privato cittadino». Parte dunque la corsa al Quirinale, con gli stessi tempi di quella per le Politiche. Ed è impossibile che i tecnici non ne siano sfiorati: l'importante è che non ne restino intrappolati. Vediamo perché. Come previsto, contro Elsa Fornero si è materializzato un pacchetto di mischia di personaggi contigui alla sinistra cattolica ed al Pd: Fabrizio Barca, ministro della Coesione territoriale; Renato Balduzzi, responsabile della Salute e vicino all'ala "solidarista" della Chiesa, la stessa di Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso e responsabile per il Lavoro della Cei. Entrambi, Barca e Bregantini, erano stati fra i primi, giorni fa, ad attaccare la riforma. Il terzo del pacchetto anti-Fornero è stato Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio, ministro della Cooperazione, del quale erano circolate voci di candidatura per il Pd a sindaco di Roma, finché Monti non lo ha indotto a smentire. Casualmente, sono tre ministri assai sponsorizzati dal giro Repubblica-Pd-Cgil. Il quotidiano (che certo fa il suo lavoro) non manca di appuntargli medaglie al merito: Barca, ci informa «ha alle spalle una storia familiare che parte dalla Resistenza», mentre Balduzzi «è l'unico costituzionalista della compagnia». Fatto sta che venerdì sera si è visto un Pier Luigi Bersani di nuovo al centro della scena, ed un Monti che, a cena nella sua casa di Milano con il presidente del Senato, Renato Schifani ed altri ospiti illustri, si è però abbandonato a uno sfogo, denunciando proprio il lobbying politico esterno («e fin qui nulla da eccepire») ma soprattutto i sommovimenti assai più insidiosi dentro l'esecutivo. La sensazione, condivisa tra parecchie circonlocuzioni dallo stesso Monti, è che si debba da qui in avanti tenere d'occhio il ministro che finora è stato l'oggetto misterioso del governo. Parliamo di Corrado Passera, responsabile dello Sviluppo economico e da sempre accreditato di un network di prima grandezza. I dossier a lui affidati, le liberalizzazioni e soprattutto la crescita economica, hanno però deluso le attese. Troppa attenzione su taxi e farmacie, poca o nulla sui servizi pubblici e le aziende municipalizzate. Zero politica industriale. Ma l'ex ad di Intesa Sanpaolo non è mai stato abituato a scaldare la sedia: quindi tutti si attendono una suo reingresso in scena. Con un paese che anche dal Forum Confcommercio di Cernobbio è stimato in declino per tutto il 2012 sul fronte sia del Pil sia dei consumi, è impensabile che un ministro che si chiama "dello Sviluppo" rinunci alla propria ragione sociale. Al tempo stesso Passera è effettivamente oggetto di attenzione politica. Archeologica l'era in cui andava a votare per le primarie dell'Ulivo, che cosa pensi oggi di lui una certa sinistra lo certifica un'intervista di Carlo De Benedetti, che lo ebbe come primo collaboratore alla Cir, in Mondadori e all'Espresso, al talk show santoriano Servizio pubblico: «Passera? Era un ragazzo di 26 anni, aveva mancato la promozione a partner della McKinsey, era un po' depresso, mi era stato presentato dal suo capo. Bilanciava il mio temperamento focoso: lui era di stile democristiano». Eppure Passera ha tentato, proprio venerdì, di porsi a metà tra l'asse Monti-Fornero e gli avversari della ministra di ferro. Di fronte all'offensiva Barca-Balduzzi-Riccardi che chiedevano di mettere ai voti la riforma (cosa che l'avrebbe indebolita) ha anche proposto di far slittare tutto. Mossa che ha fatto indispettire il premier: e dire che Passera era tra i favorevoli al decreto, in linea con il centrodestra. Al tempo stesso si dice che abbia giocato in tandem con Grilli proprio sulla nomina del direttore del Tesoro. Qui entrano in ballo scacchieri di potere italiano ed europeo attuali e futuribili. Il viceministro ed ex numero due di Giulio Tremonti aveva appunto in mente un altro candidato mentre La Via gode della stima e della sponsorizzazione non solo di Monti ma soprattutto di Mario Draghi. Cioè dell'uomo che su molte questioni – ultima, la nomina del suo successore in Banca d'Italia dopo il salto alla Bce – si è trovato in contrasto con Draghi (oltre che con Tremonti). Chi ha raccolto a suo tempo le confidenze dell'ex ministro dell'Economia ai tempi del Cavaliere lo ha sentito definire Monti e Draghi «agenti della Merkel in Italia». Certamente non è così, ma insomma anche fra tecnici esistono simpatie, antipatie e strategie. Forse, semplificando, si può immaginare che l'annuncio di Napolitano che non accetterà un secondo mandato può lanciare per il Quirinale proprio a Monti. Che poi questo gli semplifichi la vita nei prossimi cruciali dodici mesi, è tutto da dimostrare. Di sicuro uno scenario di questo tipo eliminerebbe la possibilità che si rinnovi il patto a tre Pdl-Pd-Terzo polo per sostenere nel 2013 un Monti bis, stavolta eletto da un grande fronte repubblicano. Se questo è vero, partirà presto, dalla politica, la corsa al tecnico. E quel che è accaduto venerdì a palazzo Chigi ne è solo l'avvisaglia. Difficile, del resto, pensare che dopo aver conosciuto il decisionismo di Monti & Fornero, gli italiani si sentano particolarmente attratti e si precipitino alle urne (i sondaggi segnalano quasi il 50 per cento di indecisi e astensionisti) con candidati premier prodotti dai partiti. Almeno nei format attuali. Ecco perché occorre tenere d'occhio Corrado Passera. Nonostante il low profile mostrato fin qui, non gli mancano né le ambizioni né le capacità. I moderati – visti anche i suoi buoni rapporti con il mondo cattolico – non dovrebbero lasciarselo scappare. Così come, se fosse possibile e benché l'operazione sia politicamente ancora più ardita, dovrebbero puntare anche sulla Fornero. Ma questo governo, anche con i suoi difetti, ha fatto invecchiare tutte le formule precedenti. E in Italia ci sarà sempre bisogno di un ministro del Lavoro della tempra della Fornero, così come di un ministro dello Sviluppo con le doti di Passera: che però da qui in avanti dovrà sfoderare mettendosi ventre a terra.

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