Fornero e Camusso non fanno mai pace
Due donne «toste». Una fa il ministro del lavoro, l'altra la leader del sindacato «duro e puro», quello che non arretra di un millimetro, la Cgil. Era inevitabile che si scontrassero Elsa Fornero e Susanna Camusso. Lo hanno fatto in questi giorni al tavolo della trattativa sulla riforma, si sono cercate e scontrate di nuovo ieri al Forum della Confcommercio a Cernobbio sul lago di Como. Un palcoscenico affollato – c'erano il premier, diversi ministri e poi ancora Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani, Roberto Maroni, Enrico Letta – dal quale si sono scambiate accuse e «gomitate». Ha cominciato – ma solo perché prima nella lista degli interventi – Elsa Fornero. Che ha subito detto quello che in questi giorni l'ha più infastidita: «Debbo dire che c'è un po' di rammarico da parte mia che alla fine la riforma non è condivisa pienamente, ma è una buona riforma». La risposta della Camusso arriva quasi in contemporanea. Mentre il ministro è ancora impegnato in una delle sessione dei lavori del convegno, il segretario della Cgil, sulla terrazza di Villa d'Este, risponde: «Il governo aveva tutte le condizioni per non doversi rammaricare, le trovo un po' lacrime di coccodrillo». È la prima stoccata e non è l'ultima. In sala la Fornero parla dell'articolo 18 e sottolinea: «Non ci sembra di calpestare i diritti, né di creare motivi per gravi tensioni sociali». Fuori, a distanza di qualche decina di metri, la leader della Cgil risponde secca: «È bene per tutti fare un bagno di realtà e domandarsi, per esempio, come mai ci sono state così tante reazioni nel Paese e come mai ce ne saranno ancora molte nel prossimo periodo». La contrapposizione tra le due è evidente anche davanti alla platea degli imprenditori della Confcommercio. A vincere la sfida è la Camusso che interviene su fisco e abbassamento dell'Iva e per ben due volte viene interrotta da un applauso. Consenso che non raccoglie in egual misura Elsa Fornero. Nel suo intervento il ministro spiega, tra l'altro, che la riforma «è una scommessa sul mercato del lavoro per rendere l'economia» italiana «maggiormente attrattiva rispetto a disinvestimenti, ad aziende che magari chiudono qui per aprire in Serbia». Poi aggiunge. «Vorrei che gli imprenditori dicessero: In Italia si può investire, non è più un Paese che erige cittadelle, è un Paese nel quale si può competere e scommettere nel riconoscimento del merito». E tornando all'articolo 18 ribadisce che «non può e non ha senso» abolirlo. Anzi «c'è una parte che va rafforzata», cioè quella sui licenziamenti discriminatori e «questo c'è». E sottolinea che, nel caso invece di licenziamenti per motivazioni economiche non ci sarà il reintegro, ma un indennizzo «relativamente alto». L'ultima parola è però della Camusso. Che da «dura» ribadisce che lo sciopero la Cgil lo farà comunque. «Non ci pare che ci sia nessun elemento - afferma - che ci farà tornare indietro. Semmai è evidente che bisogna rafforzare di molto». La replica della Fornero non arriva. Il ministro lascia Cernobbio prima del pranzo. Pranzo al quale, invece, partecipa il premier, Mario Monti seduto accanto proprio al leader della Cgil con la quale parla e si concede anche qualche sorriso. Il duello mette in secondo piano il dibattito sindacale sul tema. La Fornero dal palco sollecita il leader Cisl Raffaele Bonanni, seduto in platea, a spiegare l'articolo 18. E lui, poco dopo rivendica le modifiche, spiegando che è «il governo ad aver cambiato opinione, non io». «La vicenda economica – aggiunge - non poteva lasciare le maglie larghe rispetto ad abusi e situazioni di frode da parte delle aziende». In una nota, poi, la Cisl dà un giudizio positivo sul disegno di legge, senza nascondere che c'è lo spazio necessario perché le Camere possano rafforzare le tutele. Come dire: la battaglia non è finita.