L’Elsa d’acciaio che mette a nudo la sinistra ipocrita
Diciamo la verità: ci ha fregati tutti. Non solo il direttore del Tempo, Mario Sechi, che criticò le lacrime di Elsa Fornero dopo l'abolizione delle pensioni di anzianità ed ora scopre in lei una Margaret Thatcher italiana. Magari: se ci ha colto brinderemo con un ottimo whisky Old Pulteney. Intanto però Fornero (niente «la», ovviamente) ha infilzato la sinistra, stregato la destra, disvelato assai più di mille analisi politologiche la miseria di ex ministri nullafacenti, ma provvisti di congruo vitalizio, che si mettono in posa con chi indossa t-shirt inneggianti alla ministra al cimitero. Ha preso in contropiede un circuito mediatico pigramente abituato ad assegnare i ruoli a tavolino, come in molti talk show: tu sei di sinistra quindi siedi lì, sei di destra allora mettiti là; con relative claque. Fornero una claque non ce l'aveva, anzi erano decisamente più i fucili spianati, i rosicamenti dei colleghi (ministri e prof), le certezze di sindacalisti e presidenti confindustriali di papparsela in un boccone. La claque se l'è però conquistata sul campo, senza loden ma con l'equivalente femminile, cioè il collier a maglie che, questo sì, la accomuna alle famose perle della Thatcher («Sono assolutamente non negoziabili!» intimò ai consulenti d'immagine). E dunque ecco il coro di «Vai Elsa» intonato da Angelino Alfano a Vittorio Feltri a Giuliano Ferrara, fino a quella specie protetta che sono i liberal di sinistra, finora rassegnati all'acquario in cui li hanno condannati i dirigenti del Pd. Belli a vedersi, basta che se ne stiano ad aprire e chiudere la bocca di là dal vetro. Per Fornero niente acquario e niente gabbie. Se ha una cosa da dire la dice. In genere rumorosamente. Quando ha parlato di «paccata di miliardi» a proposito di quanto dovrebbe costare un welfare da paese civile, ha scandalizzato ma sapeva di che parlava: l'Italia eroga ogni anno a vario titolo 34 miliardi di denari dei contribuenti per sussidi alle imprese, ma ne spende meno di cinque per gli ammortizzatori sociali, e di questi meno di due per ricollocare i disoccupati. Il politicamente scorretto, l'annuncio spiazzante, il rivelare che il re è nudo sono uno shock in un sistema abituato, se indichi la luna, a guardare il dito. Prima dell'E.F. (era Fornero) si convocava un tavolo con decine di sigle, talune usa e getta, e si annunciava che non ci si alzava finché non si fosse trovata una soluzione condivisa. Adesso al tavolo si va per inviti, e non per diritto divino, si fissa un ordine del giorno e un orario di fine lavori; e alla fine si registrano consensi e dissensi. Con il punto di caduta chiarito prima, da Fornero. In questo modo la ministra è riuscita a far crollare due totem altrimenti inviolabili: le pensioni di anzianità e l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Chiariamo: ai loro tempi furono conquiste rilevanti. Ma parliamo di mezzo secolo fa. Nel mondo di oggi non potevamo più permettercele, e non per «offrire uno scalpo ai mercati» come denunciano all'unisono Susanna Camusso, Pier Luigi Bersani e il direttore di Repubblica, Ezio Mauro: semplicemente perché costavano troppo, perché non permettono alle aziende di competere, perché discriminano tra giovani e vecchi, tra precari e garantiti. Ai piedi del totem delle pensioni di anzianità era caduto il primo governo Berlusconi; i successivi esecutivi di Lamberto Dini e Romano Prodi avevano in parte ritoccato, in parte rimesso tutto come prima; poi c'era stato lo scalone di Roberto Maroni subito smantellato dal Prodi bis. Finché, l'estate scorsa si era consumata la pantomima tra Pdl e Lega mentre gli ispettori del Fondo monetario erano pronti ad atterrare a Fiumicino ed installarsi in sala comandi, riducendoci ad una simil-Grecia. O ce ne siamo dimenticati? Ma la vera rivoluzione di Fornero è secondo noi quella di cui i politici sembrano non essersi ancora accorti. Abolendo la concertazione, la ministra (su questo in tandem con Mario Monti) ha di fatto restituito ruolo, dignità e potere al Parlamento, e quindi ai partiti. È lì che si discute e si decide, e pensiamo che ora sarà difficile tornare indietro. Sembra una novità sensazionale per un Paese nel quale tutti hanno una parte in commedia, e quella meno rilevante tocca spesso agli eletti del popolo. Eppure si tratta niente più niente meno che della democrazia. Provate a dire al Congresso americano o al Bundestag tedesco, o alla camera dei Comuni inglese che dovrebbero ratificare ciò che è stato deciso da altri. Eppure è quel che è accaduto in Italia in questi ultimi decenni. Con effetti collaterali non meno rilevanti. Abbiamo avuto ministri del Lavoro «espressione» di questo o quel sindacato, o più o meno vicini alla Confindustria. Capi di governo di gran nome (su tutti, Carlo Azeglio Ciampi) sono passati alla storia per un patto concertativo. Tutto in buona fede, s'intende. Ma non è così che devono funzionare le cose. Soprattutto non è così che poteva andare avanti l'Italia, con i problemi di oggi. Fornero ha abolito tutto questo. Lei, che negli anni Novanta è stata consigliere comunale di Torino nella lista di Valentino Castellani, un embrione ulivista per bloccare il candidato di Rifondazione Diego Novelli, adesso è considerata una traditrice da quella stessa sinistra che la considerava creatura propria. Forse non la conoscevano. Di sicuro il Pd, Bersani in primis, anziché minacciare fulmini e saette dovrebbe riflettere sulla straordinaria opportunità che gli si spalanca se si spezza la cinghia di trasmissione con la Cgil. Perderà qualche piazza di pensionati sindacalizzati; ma forse riuscirà finalmente a mettere in piedi un programma di governo diverso dalla foto di Vasto con Vendola e Di Pietro. Ci hanno pensato? Ma siccome non vogliamo erigere un monumento – e del resto empirismo e pragmatismo sembrano un tratto di Fornero – vorremmo dare al ministro un modesto consiglio. Il suo dicastero, il Welfare, ha anche competenza sulle famiglie. Qualsiasi legge faccia, non trascuri questo aspetto della nostra società: giovedì il collocamento del Btp Italia, offerto direttamente ai piccoli risparmiatori, ha raccolto 7,3 miliardi. In gran parte da casa, su internet. È un risultato largamente superiore alle attese, che vale più di molti firewall intorno ai debiti pubblici vanamente promessi dall'Europa. Le famiglie restano per questo paese una formidabile risorsa ed un grande paracadute sociale. Ministro, ci butti un occhio.