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Damiano: «Il testo va modificato. Sull'articolo 18 una ferita rilevante»

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Ancoranon ne vediamo l'attuazione, ma certo non c'è la nostra idea sull'articolo 18. E questa è una ferita rilevante». Cesare Damiano, capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, è stato sindacalista della Cgil e ministro del Lavoro del secondo governo Prodi. Insomma ha vissuto da entrambe le parti della barricata. Ogni volta che si toccano certi temi la domanda principale è una: qual è la linea del Pd? «Mi sembra che ci sia una linea, largamente prevalente, che considera questo testo non ultimativo e quindi chiede modifiche». Che tipo di modifiche? «Anzitutto bisogna vedere la proposta, capire cosa c'è e cosa no, valutarne gli aspetti positivi e negativi. Questo sarà l'oggetto della discussione che faremo lunedì nella direzione nazionale del partito». Secondo lei cosa funziona della riforma? «Personalmente ho apprezzato l'indicazione generica del governo che si è impegnato a selezionare e regolare in modo più stringente il lavoro flessibile. Oggi, infatti, c'è un abuso di flessibilità. Poi concordo sul fatto, anche questo genericamente indicato, che il lavoro, quando diventa stabile, costi meno di quello flessibile. È un indirizzo che ho attuato anche quando ero ministro. Infine mi convincono sia l'idea di potenziare il meccanismo degli ammortizzatori sociali per chi ne è escluso o scarsamente tutelato, sia il fatto che per la prima volta il governo abbia indicato una cifra: 1,7-1,8 miliardi. Bisogna capire dove verranno prese le risorse e come verranno spese». Quali sono invece le "note dolenti"? «Io credo che non si debba spacciare per nuove regole esistenti. La norma sui contratti a termine era già legge. Mentre dovremmo ripristinare quella sulle dimissioni in bianco cancellata dal governo Berlusconi». E poi c'è l'articolo 18. «Credo che il presidente del Consiglio abbia sbagliato a dire in conferenza stampa che sul punto la discussione era conclusa. Avrei evitato anche perché, in questo modo, l'articolo 18 ha assunto un ruolo simbolico che non dovrebbe avere. Personalmente considero un errore non prevedere la reintegrazione dei lavoratori che, in caso di licenziamenti per motivi economici, vincono il ricorso. Se il modello è quello tedesco non possiamo prenderne solo una parte. Lasciamo al giudice il doppio binario: ritorno nel luogo di lavoro o indennizzo. Altrimenti c'è il rischio che le imprese mascherino licenziamenti discriminatori con motivazioni economiche». Come vi comporterete? Il Pd può spaccarsi? «Siamo un grande partito democratico, dei riformisti veri. Non è un dramma se ci sono posizioni diverse, l'importante è la sintesi finale di cui tutti devono tenere conto. Ci confronteremo e valuteremo se e come modificare il testo. Come abbiamo fatto con le pensioni». Crede che l'incontro di oggi pomeriggio tra governo e sindacati possa portare novità? «Il premier ha escluso modifiche sull'articolo 18, ma non su altri punti della riforma. Vedremo cosa succederà. Tutto aiuta». Nic. Imb.

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