I fotografi della politica contro Twitter: ci ruba il lavoro
Questavolta, però, le dissertazioni - a tratti «violente» e «sommarie» anche se espresse in ben più di 140 caratteri - di Michele Serra (finito pochi giorni fa in cima alla classifica dei temi più discussi sul social network per aver detto che «quel cicaleccio impotente» gli «fa schifo») non c'entrano. A protestare sono i fotografi. Non hanno gradito l'ennesimo scatto postato sul social network direttamente dalle stanze del potere. Era già successo alcuni giorni fa, quando il furbo Pier Ferdinando Casini allegò al tweet «Siam tutti qui» la fotografia che lo ritraeva, comodamente seduto su una poltrona di Palazzo Chigi, insieme al segretario del Pdl Angelino Alfano e al leader Pd Pier Luigi Bersani, mentre dietro di loro - rigorosamente in piedi - capeggiava il presidente del Consiglio Mario Monti. Lo scatto, pur di qualità scadente provenendo dalla fotocamera di un cellulare, finì sulle pagine di tutti i giornali, ma loro - alla ricerca di foto così importanti da simbolizzare un'intera fase politica in ogni giorno di lavoro - non hanno detto nulla. Ieri, però, la beffa. L'occasione è ghiotta. A Palazzo Chigi va in scena il tavolo «conclusivo» sulla riforma del lavoro. Governo da una parte, parti sociali dall'altra. Il pomeriggio inizia male: la trattativa è delicata e il consueto giro di tavolo a beneficio di fotografi e telecamere salta. Bisogna aspettare. Sperare in una conferenza stampa finale. Ecco però che su Twitter la Cgil posta uno scatto del tavolo "infuocato". Non un granché, in realtà: di spalle si riconoscono la leader sindacale Susanna Camusso e la rappresentante degli industriali Emma Marcegaglia e, tra le loro teste, si scorge un accigliato premier. Fotografi e cameraman, però, non gradiscono, lascia per protesta la sala stampa e appoggiando a terra le macchine fotografiche, «indignati» perché, come spiegano, «la presidenza del Consiglio non ha ritenuto indispensabile la presenza dei fotografi» e ora, di nuovo dopo l'incontro tra Monti e i segretari dei partiti immortalati da Casini, «l'unica foto che finirà sui giornali sarà quella». Ormai, aggiungono, «non conta più la professionalità, ma vale tutto, da qualsiasi fonte provenga. E noi siamo stati qui dalle nove di stamattina per niente. Ci vorrebbe più rispetto per la gente che lavora», attaccano. Insomma, prima il tentato blitz dei politici che non volevano che i fotografi utilizzassero i loro potentissimi zoom per immortalare i pizzini "galeotto" all'interno del Parlamento. Adesso un tweet di troppo, che vanifica ore di attesa. Da parte - ed ecco la beffa - di chi dovrebbe i lavoratori, dovrebbe difenderli. Na. Pie.