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Hollande rischia "l'abbraccio mortale" di Bersani

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Alzi la mano chi conosce o ricorda Salvatore Perugini. Se non siete vissuti a Cosenza, forse, il nome non vi dirà granché. Già perché Perugini, Pd tendenza Margherita, era il sindaco uscente della città che, ricandidato nel 2011, non arrivò nemmeno al ballottaggio. A sua parziale discolpa va ricordato che a quelle elezioni il centrosinistra si presentò diviso. Ma sommando i voti di Perugini (15,5%) a quelli di Enzo Paolini (Idv-Sel, 26,9%), il candidato del centrodestra Mario Occhiuto (Udc), 45,6%, sarebbe stato comunque in vantaggio al primo turno. E comunque al secondo i Democratici sostennero Paolini. Fatto sta che quelle elezioni segnarono il crollo della roccaforte rossa della Calabria. A questo punto la domanda nasce spontanea: perché è così importante Perugini? Perché il 6 aprile del 2011, ad un mese circa dal voto, il primo cittadino di Cosenza incontrava Pier Luigi Bersani. «Il colloquio - si leggeva nel comunicato diramato dal portavoce del sindaco - è terminato con un "in bocca al lupo" e un augurio di buon lavoro da parte di Bersani». Ed è a questo punto che la storia ha inizio. Perché quell'incontro, in fondo, era una piccola avvisaglia. Non che non ce ne fossero state prima. Alle primarie del 2009 per il sindaco di Firenze, ad esempio, Bersani appoggiava Michele Ventura al grido di «anche i giovani un po' stagionati possono contribuire a formare e guidare una nuova generazione». Vinse Matteo Renzi. Certo, è vero che le sconfitte fanno sempre più notizia delle vittorie, ma nel partito il leader del Pd ha ormai conquistato la nomea di "Re Mida al contrario": tutto ciò che tocca non si trasforma in oro. Anzi. E la cosa dovrebbe preoccupare un po' Francois Hollande, il candidato socialista alle presidenziali francesi, che giusto sabato ha ricevuto a Parigi il sostegno del segretario democratico («se vincerai, e noi tutti crediamo che accadrà, sarà una vittoria per te e per i tuoi elettori. Per i socialisti francesi. E anche per noi»). Evidentemente Hollande non sa cosa accadde alle Regionali del 2010. Una sfida che si giocò soprattutto in Piemonte e Lazio, le due Regioni «in bilico». Bersani non si risparmiò. Per sostenere Mercedes Bresso andò con lei davanti ai cancelli Fiat di Mirafiori. E il 26 marzo dichiarò: «C'è un'inversione di tendenza, l'aria è cambiata, Berlusconi è nervoso e non sorride più». Il Pdl vinse sia in Lazio che in Piemonte. Che dire poi della Campania? Quella in cui, secondo il segretario, Vincenzo De Luca era «in rimonta». Sconfitto. Così come Filippo Penati, braccio destro del leader Pd che, pur privo «dell'arroganza di Formigoni» (Bersani dixit), perse. Sfide impossibili si dirà. Ma poi sono arrivate le primarie. Milano con Giuliano Pisapia (Pier Luigi fece anche un video a sostegno di Tito Boeri). E poi, anche se in questi casi il segretario provò a non esporsi troppo, Napoli, Cagliari, Genova. Dulcis in fundo Palermo. Bersani non si è risparmiato per spingere verso la vittoria Rita Borsellino. Invano. Parafrasando Massimo D'Alema, ma questo Bersani non sarà un po' «menagramo»?

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