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Asse Casini-Fini-Pd: sì al commissario Rai

Il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini

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L'ipotesi di un commissariamento della Rai ha messo in fibrillazione i partiti. La linea comune di sostegno al governo che Pd, Pdl e Udc hanno sposato sulla riforma del lavoro si è sgretolata sullo spinoso nodo della riorganizzazione dell'azienda di viale Mazzini. Dopo l'apertura di Fini al commissariamento ieri il leader Udc Casini gli è venuto dietro. «Sono totalmente d'accordo con Fini. Gianfranco ha parlato a nome di tutto il Terzo polo». Diversa la posizione del Pdl che di questa soluzione non vuol sentir parlare e ha già issato le barricate. All'Udc si accoda il Pd. «L'annuncio del passo indietro del Terzo Polo sulle nomine Rai va nella direzione giusta. Siamo certi che presto anche il Pdl farà la stessa cosa, comprendendo che il tempo della lottizzazione è finito per sempre, con buona pace di Gasparri» dice Matteo Orfini, responsabile informazione e cultura del Pd. E rilancia: «l'obiettivo di liberare la Rai dal controllo dei partiti si può raggiungere con una nuova governance. Una riforma si può fare in tempi brevissimi, così da dare alla Rai nuove regole prima che sia troppo tardi e in tempo per la scadenza del Cda. Se invece prevarrà l'ostinazione del Pdl nell'imporre veti e nell'impedire una riforma, come da tempo sosteniamo, il governo ha il dovere di intervenire e il commissariamento è uno strumento più che praticabile». Insomma la tesi del Pd è che una riforma andrebbe fatta prima della scadenza del cda che termina il suo mandato a fine mese. Il senatore Marino arriva a chiedere «la cancellazione della legge Gasparri con un decreto legge». Ma non c'è solo l'ipotesi del commissariamento. Giorgio Merlo, Pd, vice presidente della Commissione di Vigilanza, sostiene che la prospettiva per l'azienda di viale Mazzini potrebbe essere un'altra. E si domanda «quanti sono nel governo, e anche nel Parlamento, coloro che la vogliono liquidare definitivamente attraverso la sua privatizzazione?» Merlo sostiene che «sono tanti i sostenitori della liquidazione» in nome di una «sua maggior efficienza e modernità». Sarebbe, a suo avviso «un colpo mortale al pluralismo, all'imparzialità dell'informazione e alla credibilità di un serio e trasparente servizio pubblico». Bordate dall'Italia dei Valori che spara contro l'ipotesi di una proroga dell'attuale consiglio d'amministrazione. «È fuori discussione» avverte Di Pietro e annuncia la presentazione domani di un pacchetto di proposte di riforma della governance. Ma mentre i partiti litigano anche dentro il governo c'è tensione sul nome dell'eventuale nuovo direttore generale con deleghe da commissario. Monti vorrebbe Enrico Bondi con Piero Angela come presidente ma il ministro dello Sviluppo economico Passera penserebbe a Cappon. Il fatto è che il 28 marzo, come già annunciato, il direttore generale di Viale Mazzini Lorenza Lei presenterà alla riunione del cda Rai, il bilancio da approvare. Entro un paio di settimane il documento sarà sottoposto all'assemblea dei soci e da allora i vertici potranno essere rinnovati. Ma si arriva così circa a metà aprile per avviare le procedure di scelta del consiglio, e quindi a ridosso delle amministrative del 6 e 7 maggio, quando si voterà in circa mille comuni. Poi ci sono i ballottaggi previsti per il 20 e 21 maggio. Rinnovare il vertice della tv pubblica nel corso di una tornata elettorale diventa molto complicato, quindi se non si trova un accordo governo-partiti nel corso della prossima settimana, prima che il premier Mario Monti parta per il suo viaggio in Asia, andare ad una proroga dell'attuale cda almeno fino a giugno sarà quasi inevitabile.

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