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Lavoro, Monti: si chiude in 7 giorni

Abbraccio tra Il premier Mario Monti e la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia

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«Sapete che vi dico? Io non scommetterei soldi sull'intesa». Il leader della Uil Luigi Angeletti, dietro le quinte del convegno di Confindustria, dà fiato al pessimismo che serpeggia tra sindacati e rappresentanze datoriali. Il premier Monti ha ribadito che vuole chiudere la trattativa la prossima settimana ma ieri le resistenze delle parti sociali hanno superato di gran lungo anche il più tiepido ottimismo. Il convegno di Confindustria è stato l'occasione per sindacati e Confindustria per parlarsi a quattr'occhi e per confrontarsi con il ministro Fornero prima dell'appuntamento di martedì prossimo a Palazzo Chigi quando si ritroveranno attorno a un tavolo con la presenza stavolta anche di Monti. Oltre due ore è durato il faccia a faccia tra le parti sociali e Fornero e non sembra, stando alle dichiarazioni, che si siano fatti passi in avanti. La trattativa si è impantanata e non solo per motivi strettamente contenutistici. Le perplessità sulle misure, dall'articolo 18 agli ammortizzatori sociali, si intrecciano con le questioni politiche soprattutto in casa Cgil. L'appoggio dato dal Pd a Monti è una spina nel fianco del leader Cgil Camusso stretta tra l'ala minoritaria di malpancisti che fa capo alla Fiom e l'ala più moderata. Ma in sostanza, Cgil, Cisl e Uil, non vogliono sentirsi «commissariati» dalla politica e rivendicano la possibilità di condizionare la riforma. Così la Camusso preme il freno. «Siamo belli lontani dall'accordo, non è mai stato possibile che si chiudesse martedì». E poi annuncia che «il confronto non sarà nè semplice nè breve». Quanto alla posizione del Pd, la sindacalista è tranchant: «Il Pd risponde per sè come pure la Cgil». La fermezza maggiore è sull'articolo 18. «Tutte le soluzioni sul tavolo con il governo, appaiono lontane da ogni possibile ipotesi di un accordo». E poi «fondare tutto su questo tema significa far passare l'idea che l'unico problema sia quello di licenziare». Con questa posizione rigida è inevitabile lo scontro con la Cisl che invece è più aperta alla trattativa. Tant'è che Bonanni ieri ha detto di «essere molto preoccupato dagli opposti estremismi nella discussione» perché il rischio è che senza accordo «il governo farà da solo e sarà una riforma più dura». Chiaro il riferimento ai paletti posti dalla Cgil. E Bonanni lo dice chiaramente. «Capisco Confindustria, perchè una riforma senza accordo sarebbe più dura e più in linea con la posizione delle imprese. Capisco meno altri». Quanto all'articolo 18 la strada indicata dalla Cisl è di «farlo diventare più efficiente combattendo la discriminazione e l'abuso».   Confindustria teme un annacquamento della riforma. Se «sarà un compromesso al ribasso, meglio non farla, o quanto meno non avrà la firma di Confindustria», avverte la leader degli industriali Emma Marcegaglia. Pronta invece a firmare «con entusiasmo» se sarà una riforma vera, profonda». Sul fronte del mercato del lavoro serve una riforma che «ci renda un Paese avanzato in Europa, solo questo, non chiediamo altro», ha aggiunto la presidente di Confindustria. A fine giornata i sindacati hanno fatto trapelare che gli incontri informali non hanno prodotto alcun risultato. La strada resta in salita.

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