Il segretario «recupera» Emiliano ma nel Pd parte la resa dei conti
Adessoil suo orizzonte dovrà essere quello dell'amministrazione e della cura del territorio comunale, «per una nuova e più incisiva fase alla guida della città». Con queste parole, il segretario del partito di Bersani in Puglia, Sergio Blasi, dopo aver raffigurato la parabola del sindaco-sceriffo, da «simbolo della legalità» a «maschera degli interessi di questi imprenditori», ha ricalibrato la rotta di Emilano, smentendo di averlo "scaricato". Di sicuro, però, è in corso un regolamento di conti all'interno del Pd. Nicola Latorre, vicepresidente dei senatori democratici e in passato uomo forte dell'area dalemiana, ha immaginato anche una possibile via d'uscita dall'assedio mediatico generato dall'inchiesta sulla "liaison" Emiliano-Degennaro, tra provvedimenti cautelari e doni di immaginifiche spigolone o chili di ostriche imperiali recapitate a casa del sindaco: «Chi si ritrova immerso nel ciclone giudiziario, arrestato o indagato, dovrebbe fare un passo indietro» ha detto senza indugi a La Stampa, criticando la deriva autocratica della stagione pugliese del leaderismo. E se da destra il Pdl ha fatto notare come i consensi della lista civica "Realtà pugliese", promossa proprio dal gruppo Degennaro, siano stati determinanti per l'affermazione del centrosinistra nelle ultime comunali, e per questo continua a chiederne le dimissioni, è il deputato del Pd Francesco Boccia a sparare ad alzo zero, chiedendo al suo partito di «azzerare tutto». Con queste motivazioni: «Se la "primavera pugliese" è morta, il partito faccia qualcosa. L'arrembaggio di aziende pubbliche, l'occupazione militare della sanità, la caotica gestione dei rifiuti sono temi che vanno affrontati con i fatti, non con le rivendicazioni sterili. Il Pd pugliese, così com'è ora, non ha la credibilità di fronte ai cittadini di fare una sola di queste battaglie». Intanto dall'inchiesta della Procura di Bari emerge che decine di appartamenti costruiti dalla Degennaro con contributi pubblici e destinati alle forze di polizia - a causa di un bando capestro che prevedeva affitti molto elevati per l'assegnazione e per questo andato deserto - sono stati acquistati da dipendenti comunali e regionali (o da loro parenti) che avrebbero potuto "agevolare" le attività del gruppo e da consiglieri comunali di centrosinistra. Tra gli acquirenti c'è anche il figlio dell'ex presidente della Regione della Dc dal 1993 al 1994, Vito Savino, attualmente presidente del Tribunale di Bari. I magistrati stanno raccogliendo elementi per fare luce anche su questo filone, dal momento che questi immobili, realizzati nel quartiere chic del capoluogo pugliese, il rione Poggiofranco, sono stati venduti ad un prezzo inferiore quasi del 40% rispetto alle quotazioni del mercato.