Agli smemorati Settimo non rubare
Il sindaco di Bari Emiliano riceveva spigole e champagne da un imprenditore. Lusi mangiava spaghetti a peso d'oro con i soldi della Margherita. Il leghista Boni prendeva la sua parte di stecca in un oliato sistema di esazione alle imprese. Per carità, tutti sono innocenti e qui siamo davvero garantisti, ma queste tre storie sono la metafora del Paese e della sua politica, di quello che a Roma con efficacia figurativa viene chiamato "magna magna". Non ho intenzione di fare demagogia, tuttavia bisogna prendere atto che la corruzione, lo sbrego dei costumi etici, l’incuria della forma e della sostanza nell’amministrare il bene pubblico, sono fenomeni diffusi, nitroglicerina sul patto di solidarietà fra i cittadini e lo Stato. L’Espresso nel 1956 coniò il titolo “Capitale corrotta, nazione infetta”. È ancora valido, ma Roma non detiene più il primato, perché i centri d’affari si sono moltiplicati e soprattutto perché la rappresentanza politica è passata dai partiti a leader e funzionari onnipotenti che esercitano un potere personale di azione e riscossione. Il caso Lusi è esemplare: fa sparire dal bilancio della Margherita svariati milioni di euro e nessuno se ne accorge. Compra, investe, taglia impietosamente i rimborsi dei colleghi mentre lui fa la bella vita. Viene preso con le mani nella marmellata. Non si dimette. Addirittura fa la voce grossa. E ora minaccia Rutelli e soci. Un pasticciaccio brutto che va chiarito in fretta. Non è casuale che questa vicenda riguardi un partito che non esiste più, se non in forma di associazione. Quando i partiti diventano deboli o si creano feudi senza controllo, alla fine l'eccesso di potere si traduce in nepotismo e dispotismo che spesso degenerano in malaffare. È una storia antica come il mondo, ma occorre un rimedio e più che riscrivere il codice penale (le norme buone esistono) va fatto un lavoro di selezione della classe dirigente. Inutile girarci intorno: la qualità della rappresentanza italiana è peggiorata a vista d’occhio. E questo è frutto dell’impoverimento dell’educazione civica, del prendi i soldi e scappa applicato a ogni evento, dell’autoaffondamento della politica a favore delle logiche di clan, del brutale allontanamento del merito, della cultura dell’immagine che si è mangiata la parola e il ragionamento lasciandoci l’arroganza sbattuta in faccia, di una legge elettorale che favorisce solo la costituzione di “cerchi magici” e corti di regnanti. Si parte da qui, dalle regole del voto. E dalla ricostruzione dei partiti. La corruzione si combatte rimettendo al centro della scena la politica, cancellando la logica del business e riscoprendo quella del servizio pubblico. Chi sbaglia, a casa. Non c’è bisogno di inventare niente, sono regole scritte da molto tempo, in maniera semplice, comprensibile a tutti. Settimo, non rubare.