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Vendite e gestione condivisa Così può ripartire la Capitale

Il sindaco di Roma Gianni Alemanno

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Dopo una serie di stop and go Gianni Alemanno intende dare il via ad un piano di dismissioni delle partecipazioni del Campidoglio, partendo da Atac e Ama e soprattutto dal 20 per cento dell'Acea. Il sindaco di Roma ha precisato che per le due prime aziende, più che di privatizzazione, si dovrebbe parlare di riassetto sotto un'unica holding di diritto privato. Quanto all'Acea, quotata in borsa, si tratta di scendere al 30 per cento dal 51 attuale: quota sufficiente per garantire il controllo e beneficiare dei dividendi. È un passo importante sia per ridurre il debito capitolino, sceso a 9,8 miliardi dai 12,4 cui l'avevano lasciato le giunte precedenti, sia per rimettere in moto settori portanti dell'economia reale e della finanza. Se poi a questa decisione si accompagnerà, come Alemanno ha aggiunto, il coinvolgimento dei sindacati in una sorta di cogestione, allora il salto di qualità sarà anche sul piano sociale ed etico. Finora il sindacalismo di enti locali e controllate è stato consociativo, ma più per le clientele che per l'assunzione di responsabilità. Tutto va ovviamente precisato, ma il riferimento resta la cogestione alla tedesca, che ha consentito lo straordinario rilancio della Germania, nonché un notevole beneficio delle buste paga. Ultimo esempio, la Volkswagen dove il bonus per i dipendenti di quella che si avvia a divenire la prima casa automobilistica del mondo è stato di 7.500 euro. Stessa cosa per i sindacati americani dell'auto, che accettando tre anni fa sacrifici e rischi d'impresa oggi si dividono risultati e cedole del boom di Chrysler, Gm e Ford. Roma ha una cattiva fama, in certa misura immeritata, in fatto di servizi pubblici. La cogestione, se sostituisse decenni di clientele, potrebbe davvero cambiare il volto alla città e la vita dei romani. Su questo terreno il sindacato più avanti è la Cisl, che ha ampiamente discusso di cogestione a livello aziendale e nazionale con il governo Berlusconi. La Confindustria si è però sempre opposta: vedremo se le nuove realtà aziendali capitoline saranno più illuminate dei loro colleghi più blasonati. Ma soprattutto una razionalizzazione delle partecipazioni, assieme ad una assunzione di responsabilità condivisa con i dipendenti, è un atto dovuto verso i contribuenti romani, che hanno il record nazionale di tasse da pagare. Record dovuto al doppio debito, del Comune e della Regione, che fa scattare le aliquote maggiorate da una parte, e dall'altra taglia servizi, prestazioni e posti letto. Una metropoli globale non merita questo declino. Per prima cosa si tratta quindi di valorizzare, semplificare e appunto privatizzare le controllate. Dove non ci sono solo Acea, Atac ed Ama, ma anche la Metropolitane srl, i Servizi per la mobilità, il Centro alimentare, la Investimenti spa, il Centro ingrosso fiori, l'Eur spa, la Centrale del latte, l'Aeroporti di Roma, Zetèma, Risorse RpR, Assicurazioni di Roma, Aequa, e inoltre il Palaexpo, le farmacie, le biblioteche, l'agenzia delle tossicodipendenze. Ma questo è solo la superfice: l'Acea ha a sua volta partecipazioni in 89 altre aziende, dalla Toscana all'Honduras. In totale si tratta di un sistema di 153 partecipazioni dirette e indirette del Campidoglio, in gran parte prolificato sotto le giunte di Francesco Rutelli e Walter Veltroni, che dovrebbe essere semplificato con la super-holding, cessioni e forse con qualche altra quotazione in borsa.   Il settore più attraente potrebbe essere quello dei rifiuti, dal quale gli stranieri riescono a trarre fiorenti business e che minaccia di essere preda di multinazionali come la francese Veolia. Ma non va trascurato l'altro aspetto, i dipendenti. Tra impiegati comunali e partecipate sono oltre 30 mila: metà della Fiat. Più dirigenti e consulenti. Su questa imponente razionalizzazione il sindaco vorrebbe puntare per l'ultimo anno di mandato: inutile dire che il rinnovo si preannuncia incerto (e fino a ieri la volontà di Alemanno, pure); eppure sulla poltrona con vista Fori sono puntati gli occhi di molti leader nazionali, compresi esponenti del governo Monti. Segno che, volendo, si può fare del bene. Del resto è una strada obbligata per altre grandi città. L'esempio più recente è Torino, che ha messo in vendita quote della rete di trasporti, dell'aeroporto, il 49 per cento dell'azienda rifiuti, l'80 del termovalorizzatore. L'obiettivo del sindaco torinese Piero Fassino sono 400 milioni. A Roma si può fare ovviamente molto di più; ed anche iniziare a smantellare quel socialismo municipale che ha prodotto i risultati che i cittadini romani vedono, e che pagano profumatamente.

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