Marchionne: da Monti non voglio nulla
«A Monti confermerò quanto detto per Mirafiori e Pomigliano, gli impegni saranno mantenuti». A pochi giorni dall'incontro, fissato per venerdì prossimo con il premier, l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, torna ancora sull'ipotesi di un disimpegno del Gruppo dall'Italia come insistentemente le indiscrezioni dei giornali finanziari internazionali continuano a riportare. Il manager parlando all'assemblea della società elvetica di certificazione Sgs, di cui Exor detiene il 15%, ha ribadito che non farà alcuna richiesta al presidente del Consiglio; «non chiederò nulla, non voglio assolutamente nulla» anche se il mercato continua a essere fiacco. Il primo trimestre «è stato debole, i volumi sono giù» ha detto il manager sottolineando che «anche i prezzi non sono un granchè». Sull'andamento in Europa, Marchionne non si sbilancia dopo la perdita di 500 milioni registrata nel 2011. «Abbiamo dato una forchetta - spiega - che include una perdita di mezzo miliardo nella parte più bassa. È difficile fare previsioni adesso». Poi ha confermato che il Gruppo «raggiungerà il break even in Europa nel 2014». Bene invece Chrysler e l'America Latina. I primi dati di marzo per la casa di Detroit «sono buoni. La cosa importante è vedere come chiudiamo il mese. Sono rimasti 15 giorni, fateci lavorare», dice il manager del Lingotto. A chi gli riproponeva se c'è l'intenzione di spostare la sede, Marchionne ha risposto che «l'unica cosa che conta sono gli stabilimenti e i lavoratori che abbiamo e se le macchine vengono vendute. Siamo una multinazionale. Andiamo dove si fanno affari, siamo nomadi». Il problema del mercato europeo è che c'è una sovracapacità produttiva. «Ci vuole una serie di azioni per ridurre la capacità produttiva in Europa o rindirizzarla. Non importa se siamo noi o qualcun'altro a farlo, l'importante è che qualcuno lo faccia». Un partner asiatico «non risolverebbe il problema e poi nessuno entrerebbe in un mercato sovraccarico». Bocca cucita sull'ipotesi di nuove alleanze. «Ho avuto una discussione di 3 secondi con Gm su Opel. Erano classici discorsi tra amministratori delegati. Abbiamo parlato per vedere cosa si poteva fare, non c'è nulla in questo momento» ha spiegato l'ad. Il rapporto con il sindacato, specie con la Fiom, resta teso. Il manager sottolinea che in piazza con la Fiom «non erano operai nostri, la percentuale di adesione nelle fabbriche del gruppo è stata sotto il 6%». E all'accusa di assumere a Pomigliano solo non iscritti al sindacato di Landini, Marchionne replica: «Assumiamo gente sulla base delle capacità, non controllo se hanno la tessera». Una critica alla Fiom arriva dal segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, che l'accusa di «avere la sindrome di Peter Pan» e di «non assumersi le proprie responsabilità». Ma se Marchionne dice che non chiderà nulla a Monti, i sindacati hanno invece delle aspettative precise. «Spero che il governo spinga la Fiat a dare ancora più velocità ai suoi investimenti e mi aspetto che la Fiat dia al governo rassicurazioni in tal senso», afferma il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, mentre Rocco Palombella, numero uno della Uilm, sostiene che bisogna risolvere «le ambiguità sul piano Fabbrica Italia». Per Maurizio Landini (Fiom) serve «un tavolo con la Fiat e le parti sociali».