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Ma a sinistra fissano la data di scadenza

Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e il presidente del Consiglio Mario Monti

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Qualche mese fa qualcuno, forse, avrebbe ironizzato nel vedere Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola presentare «Alla mia sinistra». Un libro scritto da Federico Rampini, il giornalista di Repubblica "preferito" dall'Ingegnere Carlo De Benedetti, ma edito dalla Mondadori del nemico Silvio Berlusconi. Come a dire, vi lamentate tanto del conflitto di interessi e poi siete tutti lì a fargli pubblicità. Gratis. Ma quel periodo sembra già passato remoto. Così al tempio di Adriano ecco schierato l'allegro trio moderato dalla direttrice di Sky Tg24 Sarah Varetto.   In platea volti che un po' quel tempo andato lo evocano: l'ex segretario di Rifondazione Franco Giordano, i Verdi Grazia Francescato e Paolo Cento, l'ex capogruppo del Prc alla Camera Gennaro Migliore, la collega di partito Elettra Deiana. Poco Pd. In prima fila si notano Vincenzo Visco e Alfredo Reichlin. Tanto che qualcuno, evidenziando lo spread tra gli applausi a favore di Nichi e quelli per Pier Luigi, osserva maliziosamente che il governatore pugliese si è portato la claque da casa. Schermaglie a parte, l'attenzione dei presenti (soprattutto dei giornalisti) è focalizzata sull'incontro tra il leader del Pd e quello di Sel. I due, in verità, si sono già visti privatamente nei giorni scorsi cominciando a discutere sugli scenari futuri. Sarà per questo che, nonostante qualche legittima diversità di vedute, il clima è cordiale e si evidenzia un'intesa di massima. Soprattutto sul metodo che deve essere utilizzato per costruire il nuovo centrosinistra. Basta con le "ammucchiate" degli ultimi anni. «Dobbiamo avere un patto esigibile - spiega Bersani - e dei vincoli reciproci di governabilità». Che tradotto significa: se non si è d'accordo si vota e si fa quello che decide la maggioranza. Senza distinguo. Nichi concorda. Fatto questo ci si potrà aprire a «forze moderate e civiche alternative alla destra» (Bersani). A condizione che l'alleanza tra progressisti e moderati non coincida con il «suicidio dei progressisti» (Vendola). Fin qui il futuro, ma ad agitare il leader dei Democratici, in questo momento, è soprattutto il presente. Con la fatica di sostenere un governo che, per dirla con le parole di Rampini, «non mi sembra così di sinistra».   Il giornalista di Repubblica non si risparmia nelle critiche all'esecutivo. Parla di un Mario Monti «molto succube della Merkel», bolla come «fandonia» l'idea secondo cui le liberalizzazioni aiuterebbero la crescita, ritiene debole l'azione intrapresa sul fronte dell'evasione fiscale. Nichi, ovviamente, non è da meno. «Noi siamo divisi in questa stagione - spiega parlando dei Democratici - ma speriamo che la stagione sia breve. Il difficile atteggiamento nei confronti di Monti non sta determinando una crisi nei rapporti con il Pd che ha fatto una scelta dettata da generosità. Ho anche condiviso con il mio partito la necessità di essere prudenti con questo governo. Ma sconti a Monti non ne possiamo fare...». E infatti, interrogato a margine della presentazione, dice di «dubitare fortemente» di un Monti bis. Insomma il governo dei tecnici ha una bella data di scadenza stampata sulla confezione: elezioni 2013. Lo dice anche il presidente del Pd Rosy Bindi: «Dopo Monti non può che esserci una competizione tra schieramenti e programmi alternativi». Ma cosa ne pensa Bersani? Il segretario dribbla la domanda («Occupiamoci del Monti che c'è...»), ma è chiaro che si trova in difficoltà. Così prova a riappropriarsi del tema del lavoro che Angelino Alfano gli ha scippato negli ultimi giorni. Attacca il leader del Pdl accusandolo di essere «irresponsabile» perché «accende fuochi nel momento in cui deve invece andare avanti l'azione del governo». Poi molla un po' la presa sulla questione della Rai: «Sono pronto ad appoggiare un decreto che imposti una fase nuova per una nuova governance. Se non si può fare perché qualche forza politica non lo sostiene lo si dica. Io non farò saltare il governo». Insomma, in questo momento l'importante è non perdere terreno e prepararsi per il 2013 quando, lo dice anche De Benedetti, «speriamo ritorni la politica, i partiti e la democrazia che è stata messa di lato per l'emergenza».

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