Il dibattito finisce in curva
Il calcio metafora della politica? Certo, ci mancherebbe. Come il baseball lo è in America, il cricket in India e Pakistan, il nuoto in Cina. Lo sport è una narrazione non fedele ma leale, una cartina di tornasole non bugiarda del Palazzo. Per questo la polemica sulla tessera del tifoso, l’attacco del milanista «non allineato» Roberto Maroni al ministro romanista Anna Maria Cancellieri è la parabola dei nostri vizi, vezzi, di un sistema a pezzi, andato nel pallone tra la polemica del nordista che sfotte il terrone e il sudista che se ne fotte e basta. Fossimo dei parrucconi, dei moralisti da discount, dei pensatori radical chic con il portafoglio forte e il pensiero debole, a quest’ora staremmo a scrivere righe di «vibrante protesta», ma che dico, di pedagogica indignazione per il dibattito da curva, l’eloquio da ultrà, la deriva da battutista della Nord e corista della Sud. Questo è il rancio che distribuiscono e, per carità, c’è anche ogni tanto un pasto decente e il tentativo di governare, ma tra la «sobrietà» esibita come alto valore morale, la superiorità antropologica sfoggiata come l’abito della domenica, il turpiloquio investigativo e la lite pallonara c’è un ruspantissimo Paese, la sagra della salsiccia e il provvedimento di Stato. È l’Italia che va, fa brun brun e va, non si sa come, ma longanesiamente va. Legge elettorale nuova? Sì, no, ni. Riforma delle istituzioni? Sì, figurati... Un Fisco dal volto umano? Tu che paghi sempre prima paga, poi vediamo. Siamo passati dalle cronache del Bunga Bunga al «torni a bordo, cazzo!» del De Falco a Schettino, ma senza trovare Concordia, in discordia sul da farsi e con chi farsi, mentre la nazione è un eterno disfarsi. Sarà questo il nostro «carattere», la nostra cifra stilistica, ma appare di caratura variabile, volubile, inafferrabile, senza rimedio e in stato d’assedio. Una sbronza da spread ci ha fatto cambiare governo, un «sobrio» richiamo alla serietà ci ha fatto credere di botto migliori, un distillato ad alta gradazione di loden e aplomb bocconiano. Ci fosse Totò direbbe «ma mi faccia il piacere...», ma il De Curtis ci ha lasciato e il «facce ride» è affidato più che ai guitti alla politica involontariamente comica, degna erede del Nerone petroliniano che chiosava: «Er popolo quanno s’abitua a di’ che sei bbravo, pure che non fai gnente sei sempre bbravo!».