Monti blinda la Tav: "Contrari 2 Comuni"
Il documento - ironia della sorte - viene pubblicato sul sito della presidenza del Consiglio mentre davanti all'ingresso del cantiere di Chiomonte, in Val di Susa, presidiato dalle forze dell'ordine, va in scena una lettura non stop, iniziata mercoledì sera, delle «150 ragioni contro la Torino-Lione». Gli attivisti No Tav si alternano al megafono e leggono, a turno, il libro con le «brevi considerazioni sul progetto» che è stato diffuso l'anno scorso. È la seconda volta che viene organizzata questa «Maratona di lettura». «Siccome non l'hanno capito - è lo slogan scelto per l'iniziativa - spieghiamoglielo bene». A Monti bastano invece nove pagine, quattordici punti chiave e tanti numeri per spiegare perché il suo governo ha detto sì all'alta velocità. «Perché il governo ha riconfermato le Torino Lione come opera strategica?», recita la prima domanda. La risposta non è proprio: «Perché ce lo chiede l'Europa», ma nel testo l'acronimo «Ue» è la settima parola utilizzata quale soggetto autore di «un modello di sviluppo basato sulla crescita della competitività», una crescita «inclusiva e sostenibile, essenziale per la coesione tra i Paesi membri». L'Europa, quindi. In primo luogo la Francia e i rapporti con Parigi. «Tutti gli 87 comuni francesi - sottolinea il documento - non si sono opposti all'opera». Il dissenso è solo italiano, insomma? Sì, anche se «la stragrande maggioranza dei comuni italiani» ha detto sì all'alta velocità. «I contrari sono circa una dozzina ma, se si considerano quelli direttamente interessati dalla realizzazione di tratte in superficie e/o cantieri - viene specificato nell'ultimo punto del dossier del governo - sono solo due le amministrazioni esplicitamente contrarie (Chiusa San Michele e Sant'Ambrogio di Torino per un totale di 6.500 abitanti)». Ad alimentare la protesta sono anzitutto i costi. «Monti faccia come con le Olimpiadi di Roma del 2020. Non ce le potevamo permettere e ha detto di no. È così anche per l'alta velocità», sostengono da mesi gli attivisti No Tav. Ecco allora che il capitolo dedicato al conto da pagare è piuttosto nutrito. «L'Unione europea ha finanziato la progettazione e le opere preparatorie della nuova linea Torino-Lione nel 2008 per 671 milioni di euro. Tali impegni sono stati rispettati ed è ora in corso la realizzazione del sondaggio geognostico di Chiomonte», è la premessa. Nell'accordo italo-francese del gennaio 2012 si prevede - spiega il documento - di realizzare l'opera per fasi. La «fase 1», il cosiddetto progetto «low cost», consiste nella realizzazione prioritaria del tunnel di base e delle tratte di connessione alla linea storica esistente a Susa e S. Jean de Maurienne, comprese le due stazioni internazionali. «Il costo complessivo ammonta a circa 8,2 miliardi di euro». Il nuovo accordo conferma la ripartizione dei costi: l'importo delle opere verrà corrisposto per il 42,1% dalla Francia e per il 57,9% dall'Italia, ma «in quanto opera transfrontaliera - spiega il dossier - potrà ottenere la massima percentuale del finanziamento comunitario che arriva fino al 40%». Ecco perché - scrivono i tecnici in neretto - «il finanziamento per l'Italia sarà inferiore ai 3 miliardi di euro». Quanto alle accuse di chi lamenta una certa assenza di dialogo con la popolazione interessata all'opera, il governo precisa: «C'è stata attenzione alle richieste del territorio. Lo dimostra il fatto che l'opera sia stata riprogettata ascoltando le esigenze di tutti i comuni interessati, tra cui alcuni direttamente coinvolti da cantieri o da opere in superficie (Chiomonte e Susa)». A riprova dell'attenzione nei confronti delle comunità locali, sottolinea il dossier, il prossimo Cipe stanzierà 20 milioni di euro, che rappresentano la prima tranche di 300 milioni di euro relativi all'intesa quadro tra governo nazionale e Regione Piemonte. Inoltre, sono previsti 135 milioni di euro di opere compensative per il territorio. Dopo il focus sul dimezzamento dei tempi di percorrenza e l'incremento della capacità nel trasporto merci, le ragioni del sì all'opera proseguono con la valutazione delle ricadute occupazionali. Saranno più di 2.000 le persone direttamente impegnate in Italia nella realizzazione della nuova linea; i cantieri indurranno, inoltre, una media di 4.000 occupati indiretti. Le ricadute occupazionali, poi, riguarderanno anche la fase di esercizio della nuova linea Torino- Lione: cinque anni dopo l'entrata in servizio, la nuova linea creerà oltre 500 posti di lavoro in Italia. Altra questione centrale è quella dell'impatto ambientale. L'opera - sottolinea il documento - «non genera danni ambientali diretti ed indiretti» e l'impatto sociale sulle aree attraversate, sia per la prevista durata dei lavori, 10 anni, sia per il rapporto della vita delle comunità locali e dei territori attraversati «è assolutamente sostenibile». Ma non bastava il Frejus? Assolutamente no. Allo stato attuale, il collegamento italo-francese è una linea di montagna, che costringe i treni ad una salita di 1250 metri di quota con sovra costi esorbitanti, che passa attraverso una galleria dove non entrano i containers oggi in uso per il trasporto merci. «È, dunque, una linea fuori mercato - sottolinea l'approfondimento - è come una macchina da scrivere nell'era del computer: un servizio che nessuno richiede più».