Il Pdl perdona Riccardi: "Ma non succeda più"
Facendo economia di parole, come vuole il linguaggio giovanile di Facebook, il segretario del Pdl Angelino Alfano chiude il caso Riccardi, mette la mordacchia ai 46 senatori Pdl che volevano andare alla resa dei conti ma lascia intendere che si è trattato di un atto di buona volontà. Fare attenzione in futuro: certe frasi vanno evitate, certi giudizi altrettanto. «Niente sfiducia a Riccardi», annuncia in tarda mattinata il segretario, principale oggetto delle critiche del ministro della Coooperazione internazionale. Fa sapere Alfano: «Ho parlato con Nitto Palma, Gasparri e Quagliariello. Già informato il presidente Monti. Istituzionalmente comunicato anche al presidente Schifani. Per me no problem! Con lui caso chiuso...». I primi sono i capi dei senatori pasdaran che volevano sfiduciare Riccardi. Con Schifani una presa d'atto che la crisi è rientrata. Per questa volta, però. Avrebbe avuto un ruolo decisivo il presidente del Senato, determinato a ricucire lo strappo consumato due giorni fa. Alfano sembra mostrare la magnanimità di chi ha avuto soddisfazione, e non rinuncia all'avvertimento: «Ovviamente spero non ci regalino un bis...». E si può immaginare che anche questo sia il contenuto delle due successive telefonate fatte a Monti e allo stesso Riccardi, a ulteriore chiarimento. Se infatti il caso è chiuso, con le scuse da parte del ministro e lo stop all'iniziativa dei senatori, resta per il Pdl un'ombra di sospetto sui rapporti con alcuni ministri. «Al caso Riccardi non attribuirei grande importanza» afferma Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera, che però lo indica come «la spia di una insofferenza e di una arroganza profonda, di un disprezzo per i partiti in primo luogo per quelli che hanno consentito al governo di nascere e di vivere». Gli fa eco Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato: «Penso che Riccardi abbia sbagliato ma si è scusato; ho ritenuto più grave il comportamento del ministro Severino, che ha fatto un vertice con Casini e Bersani, escludendo Alfano, sui temi della giustizia. Insomma ritengo che la vicenda si sia già in qualche modo manifestata e richiami tutti i ministri di questo governo tecnico ad un comportamento più corretto, quindi penso che si potrà risolvere con queste considerazioni di natura politica». Quanto al sostegno del Pd a Mario Monti, Pier Luigi Bersani spiega: «Per quel che ci riguarda questo governo durerà fino al 2013. L'importante è non paralizzarlo mettendo veti come quelli di queste ore», «dobbiamo lasciargli un certo grado di autonomia». Sul futuro nessuna porta chiusa ma un paletto: «Penso che, finita l'emergenza, si debba tornare a una democrazia riformata, ma che funziona con due polmoni, secondo le regole dell'alternanza». Alla domanda se escluda un Monti-bis, risponde: «Quello che conta è che si determini una maggioranza politica. Il tasso tecnico dei governi non è la questione principale. Prodi era un politico o un tecnico?». Ma l'affaire Riccardi non si chiude per tutti. Il senatore del Pdl Domenico Gramazio ha presentato un'interrogazione per chiedere al presidente del Consiglio «per quale motivo il ministro Riccardi gode di un ufficio a Largo Chigi al secondo piano e ne ha ottenuto anche un altro presso il ministero degli Esteri alla Farnesina».