In Parlamento c'è solo il Pdl

Il Pdl corre, Pd e Terzo Polo rincorrono. Dalle liberalizzazioni al decreto sulle semplificazioni le proposte più innovative sono arrivate dal partito di Berlusconi mentre Bersani e Casini sono stati costretti ad accodarsi e, al massimo, a figurare tra i firmatari degli emendamenti. È stato così su quelli che sono stati i temi del contrasto ai poteri forti, dalle banche alla fine del monopolio Telecom fino alla mozione contro le Agenzie di rating. Il primo passo è stata la norma che elimina le commissioni bancarie su tutte le linee credito e che ha fatto infuriare l'Abi. L'emendamento, in realtà, è stato in buona parte un errore combinato proprio dal partito Democratico. Che non aveva intenzione di assestare un colpo così violento agli istituti di credito. Ma da quando, in una «svista» notturna, è entrato nel testo del disegno di legge sulle semplificazioni approvato al Senato, il Pdl è diventato il partito più intransigente nel sostenerlo. A cominciare dal presidente di palazzo Madama Renato Schifani che ha difeso i senatori e ha avvertito i colleghi della Camera: «Se i partiti ora hanno cambiato idea se ne assumano la responsabilità e lo modifichino quando gli sarà data la possibilità. Ma in Senato non si è fatto nessun pasticcio. È stato votato in piena responsabilità e chi ha votato sapeva cosa votava». Nel Pd e nel Terzo Polo è invece partita la corsa a rimediare all'errore, sotto la pressione dell'Abi e in parte anche del governo. L'esecutivo, però, vuole che siano i partiti a cambiarlo, mettendoci la faccia davanti ai cittadini. Ma, saltata la possibilità di inserirlo nei due testi sulle semplificazioni e sulle liberalizzazioni, scartata la strada di un ddl ad hoc, è restata solo la possibilità di provare a metterci una «toppa» nel decreto sul fisco. Sempre che il Pdl voti la proposta. Il secondo colpo è stato l'emendamento che, di fatto, pone fine al monopolio della Telecom sulla rete fissa. La norma, infatti, prevede che gli altri operatori non siano più costretti a pagare alla compagnia telefonica il famoso «ultimo miglio», cioè il tratto finale della rete, quello che arriva in case e uffici. Una liberalizzazione che dovrebbe portare a tariffe più basse ma che per Telecom significa la rinuncia a una bella fetta di guadagni e un contraccolpo economico che potrebbe mettere in crisi l'azienda. I più maligni ci vedono una vendetta dell'ex ministro Paolo Romani – firmatario dell'emendamento insieme a Stefano Saglia – che si era visto bloccare proprio da Telecom la sua riforma di una apertura a tutti gli operatori della banda larga. L'emendamento, sul quale il Pdl non vuole assolutamente fare marcia indietro, verrà votato senza modifiche alla Camera e anche al Senato non ci dovrebbero essere spazi per una sua correzione. Anche se in soccorso di Telecom è arrivato il garante delle Comunicazioni, Corrado Calabrò, che ha scritto una lettera al ministro dello Sviluppo Corrado Passera – sollecitato sembra dalla direzione Comunicazioni dello stesso ministero – ricordando che le direttive comunitarie affidano all'Autorità nazionale il compito di disciplinare l'accesso e l'interconnessione alla rete e che, nel farlo, è anche obbligata a seguire tutti i passaggi imposti dalle regole Ue. L'emendamento approvato, dunque, sostiene l'Authority, farebbe rischiare seriamente all'Italia una procedura d'infrazione da parte della Commissione europea. Il terzo colpo del Pdl è la mozione presentata e votata mercoledì in Senato contro le Agenzie di rating. Il documento è firmato anche da Anna Finocchiaro e Giuliano Barbolini del Pd ma è nato all'interno del Popolo della Libertà, da una proposta del senatore Andrea Augello e dal capogruppo Maurizio Gasparri. A gennaio, infatti, era stata portata a Mario Monti una prima mozione che impegnava il governo a una serie di azioni, a livello europeo, contro le Agenzie. Tra i punti principali c'era la creazione di un organismo simile ma emanazione della Ue e la richiesta di incompatibilità tra l'attività di consulenza in favore di banche, fondi di investimento e altre società finanziarie e la valutazione del rating di soggetti pubblici. La mozione approvata in Senato ricalca in buona parte quel testo: chiede più vigilanza, più concorrenza e più trasparenza, l'abrogazione degli automatismi tra rating e le scelte di investimento e nuovi meccanismi di responsabilizzazione con sanzioni anche pecuniarie. Un impegno serio, insomma, per evitare che le Agenzie possano continuare a condizionare la politica economica dell'Italia e dell'Europa.