Ucciso in Nigeria l'ostaggio italiano
Raid afro-britannico: giustiziato Franco Lamolinara Morto anche un inglese. Monti chiede spiegazioni
Nelcorso della maldestra azione è morto anche l'altro ostaggio, il britannico Chris McManus per il quale Cameron si era mosso a pie' sospinto senza avvertire il nostro ministro degli Esteri né tantomeno il premier Monti. Ora l'Italia chiede spiegazioni dettagliate sull'accaduto, ma è terribilmente tardi e sicuramente inutile. Il danno in termini di vite umane è fatto e lo smacco è subìto pesantemente. Senza appello. Per quanto ci è concesso sapere - bontà di Downing Street a dare il là all'operazione militare sono state le autorità nigeriane col forte sostegno e l'appoggio militare inglese, sull'onda di un'accelerazione imprevista degli eventi nelle ultime ore e nel timore di un imminente pericolo di vita per i due ingegneri da maggio scorso nelle mani di frange estremiste di ispirazione islamica. Secondo una prima ricostruzione del blitz a Sokoto i rapitori di Chris McManus e Franco Lamolinara erano tre e due di loro sarebbero stati uccisi nello scontro a fuoco. Un raid avvenuto all'insaputa delle autorità italiane che sono state informate solo a cose fatte, come puntualizza una nota di Palazzo Chigi. A telefonare al presidente del Consiglio Mario Monti - che era in volo da Belgrado diretto a Roma - per comunicargli la tragica notizia è stato Cameron: «La finestra di opportunità per liberare Lamolinara e McManus stava chiudendosi - la premessa in stile british quantomai infaust, precisando di aver autorizzato il blitz dopo aver ricevuto dai servizi segreti africani un video che dava indicazioni sul luogo della prigionia - . Avevamo ragione di credere che le vite degli ostaggi fossero in imminente pericolo». Affermazioni palesemente tese a togliere qualsiasi dubbio sulla validità della decisione assunta senza consultare l'Italia, Paese che, tradizionalmente, preferisce la via della trattativa a quella della forza. E a cui questa vicenda, dà ragione col suo drammatico epilogo. Quando le forze dell'esercito africano insieme alle unità dell'esercito britannico specializzate in operazione anfibie (tra le 16 e le 20) hanno fatto irruzione in un'abitazione di Sokoto, nel Nord-Ovest della Nigeria, Lamolinara e McManus erano già morti. Poco dopo il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha annunciato l'arresto dei sequestratori-killer. Non dista molto da Birnin Kebbi, capitale dello Stato di Kebbi, nell'estremo nord-ovest della Nigeria, vicino al confine del Niger: è il logo della prigionia in cui i due ingegneri sono stati rapiti il 12 maggio del 2011. Lamolinara - 48 anni di Gattinara, in provincia di Vercelli, da 11 anni in Nigeria - e McManus furono colti di sorpresa da uomini armati che avevano fatto irruzione nella loro abitazione ferendo un tecnico nigeriano. Un altro ingegnere tedesco riuscì a scampare al sequestro scavalcando una rete metallica. Dei due rapiti - entrambi dipendenti della Stabilini Visinoni Limeted - si ebbe notizia per la prima volta nell'agosto scorso quando i sequestratori inviarono un video all'ufficio della France Presse ad Abidjan. Nel filmato, lungo circa un minuto, non c'erano riferimenti alla data in cui era stato girato. I due, inginocchiati e con gli occhi bendati - circondati da uomini armati - a turno chiedono ai rispettivi governi di rispondere alle rivendicazioni dei rapitori che si presentano come membri di al Qaeda. Ne pubblichiamo una foto in pagina.Ora c'è apprensione e paura anche per la sorte di altri italiani in ostaggio di bande armate in tutto il mondo: sono ancora nove. Tra loro c'è Rossella Urru (ne parliamo inun mezzp a parte): nella stessa zona è stata catturata a febbraio 2011 anche la turista fiorentina Maria Sandra Mariani, 53 anni. È l'ostaggio da più tempo nelle mani dei rapitori. I sequestratori fanno capo probabilmente ad Al Qaeda per il Maghreb islamico (Aqmi), la rete integralista che controlla l'immensa fascia desertica: dall'Algeria alla Mauritania, dal Mali al Niger, al Ciad fino al Sudan. L'ultimo italiano ad essere stato rapito, lo scorso 19 gennaio, è il cooperante siciliano Giovanni Lo Porto, catturato con un collega tedesco in Pakistan nella località di Multan (Punjab): sarebbe nelle mani del gruppo talebano Tehrik-e-Taliban Pakistan, capeggiato da Hakimullah Mehsud. Poi, sono sempre prigionieri dei pirati i sei italiani della nave «Enrico Ievoli» sequestrata il 27 dicembre scorso al largo delle coste dell'Oman e che si troverebbe alla fonda al largo delle coste somale.