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I pm: giro di tangenti tra Pdl e Lega

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Il presidente del consiglio della regione Lombardia, il leghista Davide Boni, con il segretario Umberto Bossi

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Non solo il Carroccio. Non solo Davide Boni, il presidente del Consiglio regionale delle Lombardia, da martedì iscritto nel registro degli indagati per un presunto giro di tangenti. C'è di più. La Procura di Milano ora ipotizza un vero e proprio «sistema» corruttivo che coinvolgerebbe una decina di esponenti della Lega e del Pdl, alleati in giunta, indagati insieme ad altrettanti imprenditori. Secondo gli inquirenti, vi sarebbe infatti un collegamento tra l'inchiesta che ha già portato in carcere l'ex vice presidente del consiglio e assessore all'ambiente del Pdl Nicoli Cristiani e quella su Boni. E sarebbe stato proprio l'esponente pidiellino, in un recente interrogatorio ora secretato, a fornire a chi indaga gli elementi che fanno ipotizzare l'esistenza di un meccanismo di corruzione simile nei due partiti, se non addirittura una «rete di rapporti» tra assessori. Più corrotti e più corruttori, insomma. Tra questi, appunto, Nicoli Cristiani - scarcerato qualche settimana fa e accusato di aver preso una mazzetta da 100 mila euro in relazione alla realizzazione di una discarica nel Cremonese e sospettato di averne intascata un'altra dello stesso importo - e Boni. Ma non solo. I primi riscontri nell'ambito delle due indagini, entrambe coordinate dall'aggiunto Alfredo Robledo e dal pm Paolo Filippini, portano gli inquirenti a ritenere che diversi imprenditori per lavorare avrebbero avuto bisogno di "oliare" con mazzette non un solo assessore, ma più di uno. In particolare, nell'inchiesta con al centro un giro di tangenti, tra versate e promesse, da oltre 1,6 milioni di euro, oltre a Boni e al suo stretto collaboratore Dario Ghezzi sono già indagate una ventina di persone: una decina di imprenditori, tra cui Luigi Zunino e Francesco Monastero, e altrettanti politici e amministratori locali, tra cui l'ex sindaco di Cassano d'Adda, Edoardo Sala, e il suo ex vice Ambrogio Conforti. Mentre gli investigatori della Gdf sono al lavoro sui documenti informatici sequestrati martedì durante le perquisizioni (ieri c'è stato un lungo vertice tra pm e finanzieri), si è saputo che una parte dei soldi delle mazzette versate a Boni e Ghezzi, attraverso l'intermediazione dell'architetto Michele Ugliola, è servita a finanziare le compagne elettorali, tra il 2008 e il 2009, soprattutto a Cassano d'Adda. Stando alle indagini poi, ci sarebbero stati diversi incontri tra Boni, Ghezzi, l'ex esponente locale della Lega Marco Paoletti e Ugliola per definire gli accordi corruttivi, che l'architetto prendeva poi con gli imprenditori, nell'ambito di diversi progetti immobiliari. Tra questi una iniziativa di sviluppo residenziale e commerciale sull'area Montecity-Santa Giulia, a sud di Milano, il piano di lottizzazione «Marconi 2000» a San Donato e un altro progetto a Pioltello. Ugliola, che sarebbe stato «l'elemento di raccordo» tra Boni, e quindi, secondo i pm, tra il vertice regionale della Lega, gli imprenditori e i politici locali, aveva come suo tornaconto la possibilità di entrare con i lavori di progettazione negli affari. Stando a quanto avrebbe dichiarato lo stesso architetto ai pm (verbali secretati), Boni e Ghezzi avrebbero ottenuto almeno 300 mila euro (100 mila da Zunino e 200 mila da Monastero). L'ipotesi d'accusa è che solo una piccola parte delle tangenti sarebbe rimasta nelle loro tasche e in quella degli intermediari, tra cui anche una avvocatessa, mentre il resto sarebbe stato usato per iniziative della Lega in ambito territoriale. Negli atti, ossia una serie di intercettazioni e verbali trasferiti per competenza ai pm di Monza Mapelli e Macchia che indagano sul «sistema Sesto», c'è anche il riferimento a una presunta promessa di denaro a Boni per ottenere il via libera alla valutazione di impatto ambientale sull'area Falck. Denaro che sarebbe dovuto uscire dal gruppo Zunino, attraverso un giro di fatture false, e che doveva essere consegnato al presidente del consiglio regionale dall'architetto Ugliola. Consegna, però, mai avvenuta in quanto l'accordo non è andato in porto. La vicenda non è escluso che possa portare a nuove iscrizioni nel registro degli indagati a Monza per le persone coinvolte in questo stralcio di indagine. La posizione della Lega, comunque, resta critica. Ieri Boni è stato convocato da Umberto Bossi per ben due volte. Il leader del Carroccio avrebbe detto «no» a un suo possibile passo indietro. Anche Roberto Maroni ha difeso il presidente del Consiglio lombardo e ha annullato una serie di incontri previsti oggi in Friuli per partecipare al nuovo vertice che si terrà nel pomeriggio a via Bellerio. Se le dimissioni di Boni non dovessero arrivare, le opposizioni porranno formalmente la questione in occasione della seduta del Consiglio regionale di martedì.  

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