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Tutti sobri ma vogliono darcela a bere

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Tempi duri per Pier Luigi Bersani. Carlo De Benedetti, editore di Repubblica, ieri ha detto urbi et orbi che il segretario del Pd non potrà essere il candidato del centrosinistra a Palazzo Chigi. Segue grande clamore. L'Ingegnere è considerato, a torto o a ragione, un king maker di candidati progressisti, e dunque l'esternazione non passa inosservata e naturalmente sarà sottoposta a una lettura attenta nelle prossime settimane sulle colonne di Repubblica dedicate al Partito Democratico. Credo che De Benedetti abbia ragione e provo a spiegare perché. Bersani è una persona seria, un onesto segretario, deve gestire una transizione difficile in una crisi tremenda della politica, ma la domanda che bisogna porsi quando si pensa al momento del voto, all'attimo in cui il cittadino entra nel seggio elettorale, si chiude nella cabina, tira fuori la matita e segna la sua croce sul simbolo e il candidato, è un'altra: Bersani è capace di far sognare? La risposta è no. Perché è un uomo certamente perbene, ma è anche diventato ingiustamente l'imitazione di se stesso (vedi alla voce Crozza) e alla fine ha un problema di «trascinamento» dell'elettorato. Insomma, Bersani non può vincere. E in questo De Benedetti ha visto giusto. E oggi è lampante che le dimissioni di Veltroni furono un errore (di Walter), una precipitosa fuga in avanti (o indietro) che non ha risolto nessun problema del Partito Democratico. Se la logica dell'Ingegnere funziona, è chiaro che neanche Uòlter può essere il candidato a Palazzo Chigi. A questo punto nel Pd si apre il beauty contest, e non parlo di frequenze, ma di volti e idee per il domani. Insomma, il centrosinistra è un po' terremotato. E il centrodestra? Non è che le cose vadano molto meglio. La Lega è alle prese con l'accusa di trainare un Carroccio pieno di tangenti, tanto che se i giornali titolano «Lega ladrona» nessuno ci fa più caso. Intanto alla Regione Lombardia si fa prima a contare quelli che non hanno l'avviso di garanzia, Berlusconi è in gita in Russia con l'amico Putin, Alfano tira la baracca e fa un corso di «quid», mentre quelli che dovrebbero essere gli alleati naturali del centrodestra, cioè i centristi di Casini, sono alle prese con un dilemma: restiamo single o ci mettiamo con Vendola?   Nel frattempo Di Pietro ha acceso il trattore con l'aratro spianato, Grillo attacca il presidente della Repubblica, Diliberto è convinto che si stia muovendo di più la mummia di Lenin che il Pd (copyright di Dario Vergassola) e altri residuati bellici che credevamo archiviati stanno uscendo dal sarcofago. Ho sempre pensato che la politica fosse una cosa seria, poi sono arrivati i tecnici, tutti sono diventati sobri, ma pensano di continuare a darcela a bere.  

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