Ora c'è anche il salva banche
Non sarà facile per il governo rimediare alla norma approvata al Senato nel disegno di legge sulle Liberalizzazioni che cancella tutte le commissioni bancarie in caso di concessioni di linee di credito. Sotto la pressione della banche l'esecutivo vorrebbe che i partiti della maggioranza trovino alla Camera una via d'uscita per andare incontro alle richieste dell'Abi. Ma la vicenda è complicata, nel Pdl la linea che prevale – tra i senatori e buona parte dei deputati – è quella di non cancellare nulla. «Anche perché – ragiona un esponente del Popolo della Libertà – con quale faccia ci presentiamo alla gente dopo aver detto che dobbiamo contrastare lo strapotere delle banche?». Chi spinge maggiormente, assecondando le richieste del governo che vuole che la «faccia» la mettano i partiti, è il Pd, insieme al Terzo Polo. Così ieri si è lavorato per cercare di trovare una soluzione. La prima strada prevedeva di inserire un emendamento nel testo sulle Semplificazioni nel quale alla norma approvata al Senato si aggiunge che tale previsione si applica «alle banche che non si adeguano alle norme sulla trasparenza ai sensi della delibera del Cicr». Ma su questa scelta pesa il giudizio di ammissibilità che deve essere dato all'emendamento visto che Giorgio Napolitano ha spiegato chiaramente di non voler più vedere inserite nelle leggi dei provvedimenti estranei al testo. E questo lo sarebbe. Rischiosa anche la strada di inserirla nel decreto sulle Liberalizzazioni, anche questo in discussione alla Camera, perché potrebbero arrivare anche altre modifiche e in quel caso il testo dovrebbe poi tornare al Senato. Ma i tempi sono strettissimi perché il dl va approvato entro il 24 marzo. L'ultimo escamotage trovato sarebbe quello di fare un «mini ddl», proposto dal governo e sostenuto da tutti i partiti, di un solo articolo. Avrebbe una corsia preferenziale nei due rami del Parlamento e potrebbe viaggiare autonomamente dai vari decreti e essere approvato in concomitanza con il dl Liberalizzazioni. Ma c'è anche un altro problema, l'atteggiamento dell'Abi verso il Parlamento. Delle categorie non sono state accolte tutte le richieste: a ciascuna è stato imposto un sacrificio. Non è possibile, è il ragionamento, che le banche alzino la voce e le Camere corrano ad adeguarsi. Insomma se permane la minaccia delle dimissioni di Mussari e dei vertici dell'Associazione bancaria per il Parlamento è impossibile legiferare. Di qui la decisione del Consiglio e del Comitato esecutivo Abi: nella riunione di mercoledì della prossima settimana dovrebbero essere respinte le dimissioni. Certo qualcosa non funziona nel sistema del credito. Sia quello italiano sia quello europeo. Il cosiddetto bazooka della Banca Centrale Europea, i circa mille miliardi di euro erogati in due tranche per tre anni al tasso dell'1% stentano ad arrivare ai legittimi destinatari. Ovvero alle famiglie e alle imprese. Nonostante gli annunci e le buone intenzioni, infatti, i fondi erogati dalla Eurotower sono stati ridepositati presso lo sportello liquidità di Francoforte. Ieri un nuovo record: 820 miliardi di euro. Le banche non si fidano né di loro stesse né di chi bussa ai loro sportelli per chiedere denaro. E l'iniezione di liquidità è stata utilizzata per finalità diverse rispetto a quelle dell'economia reale. In primo luogo a rimborsare le obbligazioni bancarie in scadenza, poi per comprare titoli di stato, per sostenerne il valore e per smorzare le tensioni sui mercati. Poco sinora è arrivato a chi produce e vende beni e servizi. Questa almeno l'accusa. Che ieri il direttore generale vicario di Intesa SanPaolo (che ha chiesto 24 miliardi di euro nell'ultima asta) ha rinviato al mittente spiegando che la banca «con i fondi della Bce continuerà a dare credito alle famiglie, le imprese e a sostenere il debito pubblico italiano, così come ha fatto in passato». Eppure qualcosa sembra realmente non funzionare. La sensazione è che la paura di una nuova esplosione della crisi del debito sovrano blocchi la cinghia di trasmissione del credito. Ieri il Financial Times ha scritto che colossi del credito come Barclays e Lloyds e Credit Agricole starebbero accumulando liquidità in eccesso per le loro filiali in Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda: in caso di shock in questi Paesi (ad esempio l'uscita dall'euro), dicono alcuni banchieri, sarebbe più facile per la capogruppo tagliare ogni legame con la filiale.