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"Le scuole cattoliche non pagheranno l'Ici"

Il premier Mario Monti

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Le scuole cattoliche che seguono «modalità concretamente ed effettivamente non commerciali» non pagheranno l'Ici. Dopo le polemiche dei giorni scorsi ci pensa il premier Monti a chiudere la questione. Lo ha fatto in Commissione Industria del Senato, che subito dopo ha approvato all'unanimità la norma. Il premier ha prima ribadito la volontà di dare una risposta «chiara e univoca» all'emendamento presentato venerdì scorso al dl liberalizzazioni. Poi ha aggiunto che il governo e le istituzioni comunitarie sono «determinati a considerare i problemi per la loro esatta incidenza nel tessuto economico e sociale, senza pregiudizi, pretesti o approcci ideologici, ascrivibili a qualsiasi derivazione». La premessa di Monti è che il governo «considera le attività svolte dagli enti no profit come un valore e una risorsa della società italiana». Dunque, precisa il premier, gli enti no profit sono «garantiti e il controllo su eventuali abusi o violazioni sarà pienamente efficace». Inoltre «non è corretto chiedersi se le scuole in quanto tali siano esenti o meno dall'Imu bensì è più corretto domandarsi quali scuole possano essere esenti e quali soggette alla disciplina: la risposta chiara e inequivoca è la seguente - sottolinea Monti - Sono esenti le scuole che svolgono la propria attività secondo modalità concretamente ed effettivamente non commerciali». Il Professore indica i tre parametri per considerare non commerciali le scuole: «L'attività paritaria è valutata positivamente se il servizio è assimilabile a quello pubblico - dice - sul piano dei programmi di studio, della rilevanza sociale, dell'accoglienza di alunni con disabilità e infine della contrattazione collettiva del personale». Il servizio inoltre «dovrà essere aperto a tutti i cittadini alle stesse condizioni» e l'organizzazione dell'ente deve essere tale da «preservare senza alcun dubbio la finalità non lucrativa. Eventuali avanzi non rappresenteranno profitto, ma dovranno essere destinati alla gestione dell'attività didattica». Monti sottolinea che la questione «non era facile, non era stata affrontata per molti anni. Spero di essere riuscito a definire questa delicata materia in modo che la riponga, in futuro, al riparo da qualsiasi polemica su una interpretazione distorta». E comunque da parte del governo e delle istituzioni comunitarie «c'è la piena e convinta determinazione a considerare il problema dell'esatta incidenza dell'Imu sulla Chiesa senza pregiudizi o approcci ideologici di qualsiasi derivazione». Il tema, spiega Monti ai senatori, doveva essere affrontato per superare la procedura d'infrazione che Bruxelles ha aperto nei confronti del nostro Paese. Per questo la norma è stata sottoposta in via informale alla Commissione Ue per ottenere un via libera che a questo punto sembra scontato. La Cei tira un sospiro di sollievo. Il chiarimento del premier è «utile» e «ci fa esprimere apprezzamento e soddisfazione» ha detto mons. Michele Pennisi, segretario della Commissione Cei per l'educazione, la scuola e l'università. «Il governo si è mosso con criteri tecnici» commenta il Servizio Informazione Religiosa della Cei. «Il principio è quello, già presente nel nostro ordinamento, che distingue tra enti e attività profit e no profit». Il Sir ricorda anche che i criteri posti dall'emendamento sono «accolti da un largo consenso. Il «partito» trasversale dei cattolici sottoscrive e benedice Monti.

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