Berlusconi: «Non mi pento di niente Resterò in politica. Ma non da premier»
Dovrebberoinvece vergognarsi i miei persecutori, che da quando sono sceso in campo non hanno mai smesso di inventarsi processi fondati solo sulle calunnie, una macchina del fango mediatico-giudiziaria, una campagna di diffamazione su scala internazionale che non si è ancora fermata: anzi, dopo che mi sono dimesso dal governo, l'accanimento giudiziario contro di me è addirittura aumentato». Così Silvio Berlusconi, in un'intervista al Corriere del Ticino. Ma valeva la pena di entrare in politica? «Sono orgoglioso di aver salvato l'Italia nel '94 da un governo che sarebbe finito nelle mani del Partito comunista italiano. Ho la coscienza di avere servito il mio Paese con tutte le forze e con totale onestà intellettuale. Mi amareggia l'essere ripagato con un accanimento che non ha eguali nella storia da parte della sinistra giudiziaria. Ma non per questo lascerò l'impegno politico. Anzi, continuerò. Ma in modo diverso dal passato. Non mi candiderò più alla guida del governo, ma come presidente del primo partito italiano in Parlamento agirò da padre fondatore».