Il governo mette a nudo i manager
Sono oltre sessanta i manager pubblici con stipendi superiori ai 294 mila euro. Si tratta di comandanti delle forze armate, di direttori di agenzie, di presidenti di enti, di capi di gabinetto e di dipartimento che con i loro emolumenti superano il tetto massimo stabilito dal governo nello stipendio del primo presidente della Corte di Cassazione. Un lungo elenco di "super manager" che nei giorni scorsi erano stati invitati a comunicare al ministro della funzione pubblica Filippo Patroni Griffi i loro redditi. Una serie di numeri che ieri lo stesso esponente dell'esecutivo ha provveduto a depositare in Parlamento davanti alle commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera. Un elenco di sei pagine che vede al primo posto dei "top manager" il Capo della Polizia Antonio Manganelli, che nel 2011 ha percepito 621.253,75 euro. A ruota seguono il Ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio, con 562.331,86 euro e il Capo Dipartimento amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, con 543.954,42 euro mentre a chiudere il circolo ristretto dei manager sopra i 500mila euro il Capo Gabinetto del ministero dell'economia, Vincenzo Fortunato, con 536.906,98 euro. E così il governo ha voluto dare dimostrazione di voler proseguire sulla strada della "trasparenza", anche perché, come spiega Patroni Griffi, questa prima tranche di comunicazioni è necessariamente parziale: «Le retribuzioni indicate non tengono conto del cumulo di altri incarichi. Non ci sono i benefit perché noi abbiamo chiesto la retribuzione da contratto. Le aggiunte, i cumuli dei vari compensi, allo stato attuale non li abbiamo ancora e cercheremo di averle». Uno studio incompleto quindi anche se il ministro ha spiegato di aver voluto consegnare al Parlamento i primi dati disponibili, anche se parziali, perché «era meglio cominciare. In tre giorni non avrei potuto avere di più». Numeri sui quali comunque le commissioni della Camera potranno lavorare ed esprimere un parere entro il 29 febbraio. Analizzando i dati intanto emerge che i Capi di Stato maggiore hanno uno stipendio superiore a quello dei presidenti di Antitrust, dell'autorità per l'Energia e delle Comunicazioni le cui retribuzioni sono identiche. Nell'ordine, infatti Giovanni Pitruzzella prende 475.643 euro, Pier Paolo Bortoni 475.643 euro e Corrado Calabrò, con 475.643 euro. Ben sotto questi livelli si colloca il Presidente della Consob, Giuseppe Vegas, che si ferma a 387mila euro tondi, superato anche in casa dal Direttore generale della commissione Antonio Rosati, che a 395mila euro assomma la gratifica annuale. Ancora sopra i 400mila euro arriva il Segretario generale della Farnesina, Giampiero Massolo, con 412.560 euro. Largo distacco, poi, per i presidenti dell'Istat, Enrico Giovannini, che percepisce 270mila euro tondi, e quello dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, che non va oltre i 216.711 euro, anche lui largamente superato in casa da tutto il suo staff, dai direttori generale in giù: sono 6 dirigenti, che prendono fra i 377mila e i 296mila euro. Entrambi guadagnano meno anche del Capo della Protezione civile, Franco Gabrielli (364.196 euro). La classifica riporta ancora vari nomi di dirigenti pubblici, ma scendendo si ferma a 294mila euro che la legge individua come discrimine. Tant'è che l'Agcom comunica che per il 2012 al segretario generale è stata applicata la riduzione del trattamento in misura pari a quella del primo presidente della cassazione e che la quasi totalità dei componenti ha chiesto un'analoga riduzione dei compensi a partire da febbraio. E mentre il governo continua sulla strada della "trasparenza", i politici si dividono nell'accogliere i dati forniti dal ministro. C'è quindi chi, come la deputata del Pdl Giorgia Meloni che invita a «dire basta alle deroghe sui tetti degli stipendi dei dirigenti della Pubblica Amministrazione». Più dura la posizione della leghista Manuela Dal Lago che non perde l'occasione per attaccare il governo definendo «demagogiche» le misure adottate per alla riduzione dei costi della pubblica amministrazione e annunciando che «mercoledì prossimo» la Lega presenterà alla Camera delle «proposte alternative per dire basta agli stipendi d'oro dei manager di Stato, e non solo». Ma anche dal Pd Gianclaudio Bressa e dall'ex ministro della Pubblica amministrazione il Pdl Renato Brunetta arrivano richieste di chiarimento. Il primo definisce l'elenco degli emolumenti «molto lacunoso» dove «non si fa cenno a retribuzioni come quelle dei vertici dei Servizi Segreti». Più diretto il commento di Brunetta: «È una presa in giro, un elenco vuoto, incompleto...». Soddisfatti invece i dipietristi che ieri sono riusciti a far passare un ordine del giorno che, come racconta Antonio Borghesi, «impegna il governo a trovare strumenti per imporre un tetto anche agli stipendi dei manager delle società non quotate in borsa e controllate dal ministero dell'Economia. Si tratta di Sace, Invitalia, Consap, Consip, Ferrovie etc.».