Il diktat di Monti sulle liberalizzazioni
Il governo si impunta sulle liberalizzazioni. E la commissione Industria del Senato, che sta discutendo degli emendamenti al testo, ieri è stata costretta a sospendere i lavori e a lavorare tutta la notte per trovare una mediazione tra le richieste dei partiti e le esigenze dell'esecutivo. Che Monti non gradisse affatto di vedere smontato pezzo dopo pezzo il decreto uscito dal consiglio dei ministri si è capito a fine mattinata: «Ci sono «modifiche che possiamo accogliere se rappresentano un miglioramento – ha avvertito il premier – perché non sempre le modifiche sono un arretramento ma anche altre modifiche che non possiamo accogliere e non accoglieremo. È nostra responsabilità far prevalere l'interesse generale con il bilanciamento della partecipazione ai sacrifici ad un livello che renda veramente il Paese più competitivo». Perciò, dopo aver dovuto ammettere di avere sbagliato la liberalizzazione sui taxi – la Costituzione affida a Comuni e Regioni la competenza sulle licenze – e di aver dovuto incassare le modifiche su banche e assicurazioni, il governo ha frenato su altre modifiche. E la discussione si è bloccata sulle farmacie. Pd e Pdl avrebbero voluto abbassare la soglia a un negozio ogni 3500 abitanti, l'esecutivo non vuole scendere sotto i 5000. Così la trattativa è continuata tutta la notte e la ripresa della discussione in commissione è stata programmata per oggi pomeriggio alle due e mezza. «Stiamo facendo un confronto serrato – spiega il presidente della commissione Industria Cesare Cursi – lavoreremo anche sabato e domenica per riuscire a portare il testo in aula entro mercoledì». In bilico, tra gli altri temi, ci sono ancora lo scorporo della rete gas e i servizi pubblici locali. Ma se Pd e Pdl difendono le modifiche fatte al decreto con gli emendamenti, il Terzo Polo fa addirittura balenare l'ipotesi di non votare il provvedimento perché stravolto in maniera eccessiva. «Mi fido di Monti – è il commento di Pier Ferdinando Casini – ma no a un passo del gambero». Più duro il commento di Felice Balisario, capogruppo dell'Idv al Senato: «Da ex commissario europeo alla concorrenza, il presidente Monti sa bene che il decreto liberalizzazioni fa solo il solletico alle grandi lobby e ai grandi monopoli. Un provvedimento del genere fa ben capire bene perché l'Italia dei Valori è all'opposizione». E sulla discussione arrivano i sette giorni di sciopero, dal 15 al 23 marzo, decisi dagli avvocati. In programma anche una manifestazione a Roma per il 15, davanti al ministero della Giustizia e il blocco totale dell'attività giudiziaria con sciopero bianco e autosospensione del gratuito patrocinio e della difesa d'ufficio.